La gdo e i sacchetti bio a pagamento

Sappiamo  che l’articolo 9-bis della legge di conversione 123/2017 ha introdotto l’obbligo di utilizzare sacchetti bio per frutta, verdura, affettati e qualunque prodotto non sia venduto già impacchettato. La nuova norma ha due obiettivi: sostenere la produzione di plastica biodegradabile –invenzione tutta italiana– e ridurre la quantità di rifiuti di plastica.

Sappiamo anche che sono gli stessi punti vendita a prendersi la responsabilità del cambiamento, anche se nessuno potrà fare il generoso regalando il contenitore per ingraziarsi i clienti. 

Insomma, alla fine per noi consumatori si tratta di un nuovo costo imposto per legge, decisione che non trova riscontro in nessun altro Paese della Comunità Europea. Infatti l’Italia ha raccolto per prima la disposizione comunitaria che invita i Paesi membri a frenare la diffusione dei rifiuti di plastica, nonostante l’Europa lasciasse ampi margini sui tempi e sui modi per farlo.

E c’è modo e modo di farlo anche tra i supermercati che sono obbligati a mettere i sacchetti bio in conto ai clienti. Dai primi sondaggi risultano catene virtuose e altre meno.

Tra le prime si trovano Esselunga, Coop Toscana e Unes, che scelgono di farli pagare 1 centesimo.

In fascia media Auchan, Conad, Coop Lombardia, Coop Italia, Eurospar, Gruppo Gros e Iper, che hanno fissato il prezzo a 2 centesimi.

Mentre da Lidl, Pam e Simply le nuove buste biodegradabili costano 3 centesimi.

Il costo non dovrebbe superare i 3 centesimi, sopra i quali sarebbe speculazione. E basandosi su queste cifre, Assobioplastiche ha stimato che le famiglie italiane spenderanno dai 4,00 ai 12,50 euro, considerando una media di 140 spese all’anno.

Tratto da dissapore.it

Vuoi diventare socio

di Retail Institute Italy?