Amazon e Alibaba, l’ultima sfida è nella moda di lusso

La nuova sfida nel mondo della moda ha due nuovi protagonisti: Amazon e Alibaba. Entrambi hanno spinto l’acceleratore e investito ingenti risorse nel settore, spinti da motivazioni diverse e con risultati altalenanti, ma con forte determinazione ad affermarsi. 

Amazon è entrata nel «fashion» con acquisizioni di eccellenze (Shopbop e Zappos tra tutte) e ha poi sviluppato rapporti diretti con i brands (di recente, Nike ha annunciato l’apertura di un canale di vendita dedicato) e lanciato persino i suoi marchi esclusivi. 

La moda non può ignorare Amazon: se una percentuale così alta dell’e-commerce passa per il colosso di Seattle, è legittimo aspettarsi che i consumatori vogliano acquistare su Amazon anche «fashion icons» e non solo libri o oggetti. In un mondo in cui il consumatore è alla spasmodica ricerca di massimizzare il proprio tempo libero, offrire una

Lo stesso Bezos ha ammesso che la moda, specialmente se di lusso, è un settore appetibile perchè il prezzo medio di vendita è tipicamente superiore a quello di altri settori, permettendo di conseguire margini assoluti più alti: vendere un giocattolo a $10 o un vestito a $1000 ha circa gli stessi costi di gestione per Amazon, ma il profitto è decisamente diverso. C’è poi un altro motivo: affermarsi nella moda e soprattutto nel lusso permetterebbe a Amazon di sdoganare la reputazione di «bottega senz’anima» che le è stata affibbiata suo malgrado. Amazon ha reso lo shopping una scienza esatta, ma comprare moda è ancora un’arte: la connessione emotiva con il consumatore prevale sulla ricerca ossessiva dello sconto, sull’esperienza perfetta di acquisto grazie a sofisticati algoritmi o sulla consegna velocissima. Amazon cerca di rendere lo shopping pratico, facile e conveniente; la moda è quasi per definizione non pratica e imprevedibile, oltre che teatrale, ma è per questo che la gente la ama. Per la moda, «cool» significa esperienze, bellezza, emozioni e reazioni. Ma per Amazon «cool» vuol dire creare una tecnologia e applicarla. In un certo senso il mondo del «fashion» è ancora troppo fiero della sua identità da «old» economy per Amazon.

Anche se ha già raggiunto all’incirca $28 miliardi di vendite (il 7% di tutte le vendite della moda negli Usa), la strada per Bezos è ancora lunga. Cahty Beaudoin, ex Amazon Fashion President, ha ammesso di non essere riuscita a applicare al «fashion» gli algoritmi inventati da Amazon e ciò ha causato non poche frustrazioni, se si pensa all’approccio tipico dell’azienda di creare una formula vincente e poi espanderla il più possibile. 

E se la battaglia per la moda è difficile, lo è ancora di più quella per il lusso («brands» come Louis Vuitton hanno te escluso di voler vendere su Amazon). Il lusso in sé e per sé non è fondamentale per Amazon in termini strettamente numerici: i due maggiori grandi magazzini di lusso americani, Saks Fifth Avenue e Neiman Marcus, insieme fatturano meno di $10 miliardi, poco in confronto all’obiettivo dichiarato di Bezos di arrivare a $200 miliardi di vendite. Ma conta il fattore prestigio: vendere il lusso permetterebbe di attirare la moda di fascia medio-bassa che genera volumi ben superiori. 

Alibaba ha scelto una strada diversa: dare l’opportunità a miriadi di piccole e medie imprese di diventare un giorno Amazon a loro volta, fornendo il supporto necessario per svilupparsi in Cina. Alibaba non è un’azienda, ma un’economia, che in termini di vendite sulla sua piattaforma genera un volume pari al Pil dell’Argentina e conta di superare la quinta potenza industriale nel 2036. Grandeur a parte, è innegabile che Alibaba sia un ecosistema in cui tutte le società del gruppo (con l’esclusione forse degli studi di produzione cinematografica fondati a Hollywood) supportano il business: dalla piattaforma e-commerce alla logistica, passando per il marketing e i servizi di pagamento mobile. 

Ma i due colossi si differenziano anche per l’approccio al settore moda. Piuttosto che vendere direttamente borse e scarpe, Alibaba ha preferito lanciare un portale, Tmall, che rappresenta un grande magazzino online, dove i «brands» possono gestire direttamente il loro sito dedicato ai consumatori cinesi. Il singolo marchio ha il controllo di cosa e come vendere e Tmall guadagna una commissione sul fatturato generato. 

L’idea di Tmall è salvaguardare l’esperienza di acquisto, interferendo il meno possibile con i «brands» e lasciando che siano loro a raccontare la loro storia (si mormora che ai piani alti di Alibaba piaccia dire: «You go to Amazon to kill time, but you go to Tmall to spend time»). Tuttavia, finora i «brands» di lusso su Tmall sono ancora pochi (Burberry e Emporio Armani sono i più rappresentativi). Da una parte le resistenze sono simili a quelle incontrate da Amazon, in particolare a causa della reputazione da bazar di prodotti scontati che ha Alibaba.

Ma c’è dell’altro: per anni, su alcune piattaforme gestite dal colosso cinese, sono stati venduti milioni di prodotti contraffatti, una vera e propria spina nel fianco di ogni «brand», che per tutta risposta hanno boicottato Alibaba (che si è sempre dichiarata all’oscuro dell’origine di quello che viene venduto sul portale). Questa è la principale sfida di Alibaba (forse anche più importante di scalare le classifiche del pil mondiale): come liberarsi dalla reputazione di ricettacolo di falsi. Anche per Alibaba, quindi, l’interesse per il lusso ha una funzione strumentale: vincere lo scetticismo dei «brands» e acquisirne la fiducia aiuterebbe Alibaba, a sua volta, ad acquisire la fiducia dei consumatori. 

Per motivi simili e diversi, come si è visto, i due colossi dell’e-commerce hanno riversato le loro attenzioni sul «fashion». Che per ora resiste, ma la crisi dei consumi tradizionali e di ciò che non è e-commerce non sembra attennuarsi. C’è da chiedersi per quanto tempo questo scetticismo da prima donna possa davvero durare. E quali «brands» vorranno cogliere un’opportunità invece che vedervi un pericolo.

http://www.lastampa.it/2017/08/07/societa/amazon-e-alibaba-lultima-sfida-nella-moda-di-lusso-VLvqnJY40erWgmWOCUy1gI/pagina.html

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