Campara (Golden Goose): «La sostenibilità è impegnativa, ma anche molto divertente»

From Venice to Venice: a Silvio Campara piace riassumere così il percorso fatto da Golden Goose, marchio nato vicino a Venezia nel 2000, partendo dalle sneaker artigianali e che ha saputo trasformarsi non solo e non tanto in marchio di casualwear, ma in un vero e proprio brand di lifestyle. I numeri dicono infinitamente più delle etichette, anche perché oggi tutti affermano di voler essere, appunto, brand di lifestyle. Nel primo semestre 2022 i ricavi di Golden Goose sono arrivati a 228 milioni, in crescita del 36% sul 2021 e più che raddoppiati sul 2020, con un ebitda di 77,3 milioni (+40% sullo stesso periodo dello scorso anno). Campara, ceo di Golden Goose dal 2018, non vuole sentir parlare di miracoli o ricette magiche. Gli piace raccontare ogni passo fatto dall’azienda come parte di un percorso coerente, disciplinato e allo stesso tempo divertente e fantasiosamente visionario.

Lei sottolinea sempre le origini venete di Golden Goose e a breve aprirete a Marghera un grande atelier dedicato all’artigianalità delle sneaker, per farle e per fare scuola ai giovani. Perché avete scelto di sfilare a Los Angeles?
«Ma non è stata una sfilata (ride di gran gusto)! Abbiamo scelto la città californiana, vero; abbiamo vestito tutti Golden Goose da capo a piedi, vero. Però niente passerella: l’evento L.A. Golden Spirit si è svolto intorno e dentro a una pista da skateboard, che poi è una vecchia piscina di un motel della zona di Venice. Un omaggio ai luoghi dove è nato lo skateboard, che negli anni si è trasformato da attività per giovani a sport olimpico, ma senza perdere lo spirito ribelle delle origini. È diventato un modo di vivere, una cultura, potremmo dire e vorremmo che fosse lo stesso per Golden Goose».

Non è più semplice dire che siete un lifestyle brand?
«È semplice, ma sento usare questa definizione troppo spesso, Per una volta, preferisco la traduzione italiana: incarniamo uno stile di vita. Con lo skateboard Golden Goose ha molte affinità: la voglia di sfogare l’energia in modo positivo e allo stesso tempo creativo, divertendosi e se possibile all’aria aperta. Poi c’è il desiderio di esprimere la propria personalità e lo skateboard consente anche questo: ogni persona che lo pratica, a livello amatoriale o professionale, ha un suo stile. In Golden Goose abbiamo tutti questi elementi e li interpretiamo a modo nostro, che significa, oggi più che mai, essere sostenibili, in tutti i sensi. È l’unico modo per vivere in armonia con se stessi, gli altri e il pianeta che ci ospita».

L’impegno deve partire dalle aziende o dai consumatori?
«È un circolo virtuoso: un marchio che fa greenwashing perché pensa che aiuti a vendere non ha una visione, ma soltanto una strategia di marketing. Cattiva, direi. Una persona che compra un prodotto solo perché è di tendenza, magari proprio per la sbandierata sostenibilità, ma è pronto a sostituirlo con la successiva tendenza non ha uno stile di vita, bensì di consumismo. Noi studiamo tantissimo e investiamo in ricerca per trovare materiali sempre più sostenibili e per migliorare ogni processo aziendale guardando al benessere delle persone e agli effetti sull’ambiente. È la nostra responsabilità, è lo stile di vita del marchio e di chi ci lavora».

E la responsabilità e lo stile di vita dei consumatori quali sono?
«Un altro impegno che Golden Goose ha preso è assicurare una vita più lunga a ogni prodotto, non solo ai nostri. Nel negozio di Brera, a Milano, offriamo servizi di riparazione per sneaker e abbigliamento, di qualsiasi marchio. Abbiamo iniziato a disegnare il cerchio, ma grazie ai clienti sta diventando un sistema di cerchi concentrici: l’iniziativa di Milano ha avuto un successo incredibile. Tutto è partito a giugno e abbiamo circa 35 richieste al giorno per riparazioni e personalizzazioni che diano una seconda vita a ciò che già si possiede. Apriremo altri spazi così, dove i clienti vedono gli artigiani lavorare dal vivo e capiscono il valore di ogni cosa che nasca dall’unione tra un’idea, un’intuizione creativa, e il lavoro manuale. Fa tutto parte della strategia delle quattro R: Repair, Remake, Resell e Recycle».

Fonte: ilsole24ore.com 

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