Coronavirus, i primi effetti per ristorazione e centri commerciali

La ristorazione commerciale, ossia le grandi catene di ristoranti, pizzerie, bar/caffetterie, è uno dei settori potenzialmente più esposti alle conseguenze di questa emergenza. Le epidemie virali e batteriche sono un’arma potentissima -molto più pericolosa del terrorismo classico- per spaventare le masse e indurre diradare le occasioni di vita sociale. E la ristorazione è il comparto a più diretto contatto con il pubblico, ancora più del commercio al dettaglio. Anche perché la capacità di attrarre quotidianamente grandissime folle di ogni età da parte di giganti come McDonald’s e Burger King -ma lo stesso discorso vale per marchi ed esercizi nazionali ma non meno traffic buiding, come SpontiniOld Wild WestRoadhouse, ecc- è pari, se non superiore, a quella di grandi musei e monumenti.

In Cina, Mc Donald’s e Starbucks avevano deciso di chiudere tutti i locali già ai primi segnali di emergenza epidemica.

In Italia, catene come Burger King -che è l’unica a rispondere in questo momento- si adeguano alle direttive della Regione Lombardia e del Ministero della Sanità, che non prevedono -dice l’ufficio stampa- particolari interventi restrittivi al di fuori delle zone a rischio conclamato: per esempio Burger King ha chiuso il ristorante di Casalpusterlengo, ma non ha preso nessun provvedimento sui ristoranti di Milano.

Centri commerciali chiusi sabato e domenica

Sui centri commerciali, che hanno al loro interno macchine potentissime sul piano dell’attrazione e dei fatturati come le food court, Massimo Moretti, presidente del Cncc (Consiglio nazionale dei centri commerciali) non risponde alle domande, nascondendosi dietro le segreterie telefoniche….quindi non possiamo riportare un suo statement. Attendiamo un commento di Renato Cavalli, vice presidente.

Il 4 marzo 2020 è previsto il Legal Forum del Cncc a Milano: non è un evento che attira folle da stadio, però, oltre a muovere almeno un centinaio di persone, si tiene in centro e quindi obbliga a prendere metropolitane, di solito affollate come barattoli di sardine. Ma soprattutto bisogna capire se si terrà o meno il Mapic Italy previsto il 28-29 aprile, una data nella quale le temperature e il clima dovrebbero collocarsi su valori più miti e caldi e quindi scongiurare la diffusione di un virus la cui circolarità epidemica sembra sia legata a due fattori: l’età avanzata e le condizioni cliniche dei pazienti, da un lato, e il freddo con il solito strascico di sindromi influenzali, dall’altra.

I centri commerciali rientrano nell’ordinanza predisposta dal Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. La chiusura non riguarda le attività di pubblica utilità e dei servizi pubblici essenziali (di cui agli articoli I e 2 della legge 12 giugno 1990, 146, ivi compresi gli esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima necessità), ma include:

  • bar, locali notturni e qualsiasi altro esercizio di intrattenimento aperto al pubblico: sono chiusi dalle ore 18 alle ore 6; verranno definite misure per evitare assembramenti in tali locali;
  • per gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati è disposta la chiusura nelle giornate di sabato e domenica, con eccezione dei punti di vendita di generi alimentari;
  • chiusura disposta anche per le manifestazioni fieristiche.

“Il Presidente della Regione Lombardia, sentito il Ministro della Salute – conclude l’ordinanza – può modificare le disposizioni di cui alla presente ordinanza in ragione dell’evoluzione epidemiologica. La presente ordinanza ha validità immediata e fino a domenica 1 marzo 2020 compreso, fatte salve eventuali e ulteriori successive disposizioni”.

Ma cosa faranno le catene della ristorazione?

Non è chiarissimo se i ristoranti, soprattutto quelli della ristorazione veloce (fast food, pizzerie, hamburgherie) rientrino in questa ordinanza. Burger King, come detto, segue scrupolosamente le direttive dela Ministero della Sanità e quindi si limita e si limiterà a chiudere solo nelle aree a rischio conclamato.

Spontini che è una delle catene di pizzerie più famose e frequentate di Milano, risponde “preferiamo per il momento non rilasciare numeri e/o dichiarazioni anche per non alimentare allarmismi fra gli operatori. Ci prendiamo qualche giorno per valutare appieno i risvolti di questa crisi”.

A McDonald’s abbiamo chiesto una dichiarazione da parte di Mario Federico, l’amministratore delegato, che attendiamo.

Ci sono quindi 3 tipi di impatti sulla ristorazione:

  • chiusure obbligate da ordinanze pubbliche: es. ristoranti o fast chiusi nei comuni a rischio;
  • chiusure indirette, causate dal ridotto flusso di persone e/o lavoratori: per esempio i 1.600 dipendenti di Unicredit a Milano stanno a casa: con evidenti, immaginabili ripercussioni per l’indotto ristorativo;
  • Chiusure volontarie da parte di catene che operano in regioni e zone più vicine all’ipocentro dell’epidemia. es. McDonald’s, Starbucks in Cina.

Fonte: gdoweek.it

Leave A Reply

Vuoi diventare socio

di Retail Institute Italy?