Covid, lo shopping migra dalle città alla provincia

La ripresa dei flussi turistici e il ritorno dei pendolari regoleranno la ripresa dei consumi nelle metropoli. Un trend riguardante la delicata situazione del retail che viene messo sempre più in evidenza durante questi mesi di pandemia è il calo maggiormente accentuato degli acquisti nel centro delle grandi città piuttosto che nelle aree di provincia. Una circostanza legata al fatto che, soprattutto grazie al persistere dello smart working e alle limitazioni negli spostamenti, i consumatori italiani stanno privilegiando la vita di quartiere e i negozi vicini a casa.

Ma per la moda e il lusso il rischio di uno spostamento più a lungo termine degli epicentri dello shopping fuori dai principali centri urbani sembra altamente improbabile, in quanto la radice del problema non risiede in una preferenza tra grandi città e province. «Ci sono metropoli come Milano che vivono in larga parte di importanti flussi turistici e di pendolari. Con le restrizioni agli spostamenti imposte dalla pandemia tali flussi sono venuti meno, per questo i più grandi centri urbani hanno registrato cali nelle vendite più marcati rispetto alle città di provincia», ha spiegato Erika Andreetta, partner e consumer markets consulting leader di PwC Italia. «È esemplare in questo senso la Cina, dove i consumatori hanno ricominciato a spendere, anche più di prima, non appena è stato possibile riprendere i viaggi interni».

Una dinamica che tocca capoluoghi come Milano, che stando agli ultimi dati di Planet Retail nel periodo tra gennaio e settembre 2020 ha registrato un calo dei consumatori extra Ue del 79%, così come Roma (-81%), Venezia (-82%) e Firenze (-82%). «Crediamo tuttavia che la moda di fascia alta, che ha avuto una battuta d’arresto soprattutto in Italia, tornerà ai volumi pre-Covid quando torneranno questi flussi di turisti e pendolari, proseguendo così il trend di ascesa precedente la pandemia. Precisamente, stimiamo una ripresa a partire dalla seconda metà del 2022», ha proseguito l’esperta.

Ma ci sono anche altri aspetti da considerare per capire come evolverà il retail. Tra questi, la vicinanza del punto vendita è salita in seconda posizione tra gli aspetti determinanti nella scelta di un negozio fisico nell’ultimo Global consumer insight survey condotta da PwC. Gli osservatori sul mercato della società di consulenza indicano anche che lo store fisico rimane una delle scelte preferite soprattutto tra i consumatori più giovani, ovvero i Millennials e i Gen Z, ma la pandemia ha fatto sì che le visite siano ridotte e mirate, evitando di recarsi in negozio se non c’è un acquisto predeterminato da fare. Infine la forte crescita dell’e-commerce rende fondamentale la perfetta integrazione tra canale fisico e digitale.

«Tuttavia sottolineiamo come questa situazione sia legata alle misure emergenziali e alle conseguenti restrizioni sui movimenti. Ci aspettiamo dunque una ripresa in concomitanza con il contenimento della pandemia», ha specificato Erika Andreetta. «In questo contesto ancora in costante evoluzione possiamo affermare che le case di moda dovranno adoperarsi per essere più vicine ai valori dei consumatori. Servirà uno sforzo maggiore per convincere il cliente a comprare e probabilmente gli acquisti saranno minori in quantità e più mirati».

In quest’ottica le boutique diventeranno sempre più rilevanti se saranno in grado di svolgere anche la funzione di hub per la griffe, offrendo servizi che vanno oltre la vendita come il ritiro dei resi, il pick-up in store per gli ordini online o un servizio di riparazione. Fondamentale sarà infatti la qualità dell’esperienza offerta e in particolare nelle città di maggiori dimensioni il negozio dovrà offrire contenuti esperienziali diversi da quelli abituali, diventando veri e propri punti di contatto con il consumatore a 360°. «In questa fase è fondamentale per i brand garantire acquisti sicuri a tutti i consumatori ed è su questo che tutte le aziende del settore si stanno giustamente concentrando», ha chiarito l’analista. «La comunicazione ai consumatori deve essere aperta e trasparente, di modo da creare fiducia verso il brand, che risulta essere il primo fattore di scelta di un retailer fisico rispetto ad un altro per il 45% dei rispondenti del Global consumer insight survey».

È lecito aspettarsi che i nuovi opening saranno pochi, nelle grandi città grandi come in quelle di minori dimensioni, e che i canali fisico e digitale continueranno a coesistere. «Lo scenario più probabile non è quello della sostituzione del negozio con l’online, ma piuttosto un’integrazione più profonda tra i due. Ora che la pandemia ha reso evidenti eventuali mancanze, alcuni brand hanno indubbiamente necessità di potenziare la propria struttura e-commerce, ma allo stesso modo anche i negozi fisici necessitano di investimenti per restare rilevanti», ha concluso Erika Andreetta. «La strategia di successo sarà quindi quella che riuscirà ad attirare il consumatore sulla base di valori condivisi come l’attenzione all’ambiente, alla qualità e alle persone, e a rendere molto facile per il cliente muoversi tra canale online e fisico, sfruttando l’uno o l’altro a seconda della comodità e della necessità specifica».

Fonte: mffashion.com 

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