Fashion Transparency Index: in testa c’è H&M

H&M è in cima alla lista come il brand più trasparente secondo il Fashion Transparency Index, la classifica annuale di Fashion Revolution che fotografa la trasparenza di 250 tra i più grandi marchi di moda e retailer nel mondo, recensiti in base a quanto divulgano sulle loro politiche sociali e ambientali.

Il rapporto crea una classifica tra i marchi tenendo conto di alcuni indicatori chiave che includono benessere degli animali, salvaguardia della biodiversità, attenzione al clima, utilizzo di prodotti chimici, auditing della filiera, condizioni di lavoro nei vari Paesi in cui un marchio è presente o produce, politiche di genere, regole sul riciclo e riutilizzo. I 250 marchi individuati per la recensione sono accomunati da un fatturato annuo superiore a 400 milioni di dollari nelle categorie abbigliamento sportivo, lusso e commercio al dettaglio in Europa, Nord e Sud America, Asia e Africa.

H&M ha ottenuto il punteggio più alto con una valutazione del 73 per cento. Secondo l’indice, i marchi con un punteggio pari o superiore al 70% hanno attuato interventi concreti per diventare più trasparenti sulle loro pratiche sociali e ambientali.

C&A è arrivato secondo con un punteggio del 70%, mentre Adidas e Reebok hanno messo a segno entrambi il 69 per cento. A Esprit è stato attribuito il 64%, seguito da Marks & Spencer e Patagonia al 60 per cento.

La media si è attestata sul 23%, ma 98 marchi presenti in classifica dal 2017, quando è stato istituito l’indice, hanno registrato un aumento di 12 punti percentuali. Dal 2019 Monsoon ha visto aumentare il proprio punteggio di 23 punti percentuali, Ermenegildo Zegna di 22 e Sainsbury di 19.

Gucci ha raggiunto il punteggio più alto tra i brand del lusso, con il 48% rispetto al 40% dello scorso anno. È stato anche l’unico marchio, per il secondo anno consecutivo, a ottenere il massimo dei voti nella sezione ‘Policy and Commitments’, mentre il collega italiano Zegna è stato il primo a pubblicare un elenco dettagliato dei fornitori.

Tuttavia, oltre la metà dei 250 marchi ha ottenuto un punteggio inferiore al 20% e Bally, Max Mara, Tom Ford e Pepe Jeans, tra gli altri, hanno toccato lo 0 per cento.

C’è, dunque, ancora molta strada da fare per l’industria e il rapporto rivela che, mentre numerosi marchi stanno adottando misure per diventare più trasparenti, solo il 6% dei brand paga i fornitori entro 60 giorni e solo il 2% pubblica la percentuale di ordini pagati ai fornitori secondo i termini concordati. Soltanto Patagonia divulga dati sui lavoratori della sua catena di approvvigionamento pagati più del minimo salariale.

Fonte: pambianconews.com

Leave A Reply

Vuoi diventare socio

di Retail Institute Italy?