La comunicazione per un mondo che riparte

Una riflessione del Presidente di Canali&C, Ermanno Canali su come cambierà la comunicazione nel “post coronavirus”.

Come sarà il mondo dopo il coronavirus? Tutti se lo chiedono, nessuno ha la risposta. Possiamo immaginare, fare ipotesi e congetture. Lo stesso vale per noi che lavoriamo nel mondo della comunicazione. Stiamo cercando una narrativa per qualcosa che ci cambia sotto i piedi giorno dopo giorno. Alla Canali&C abbiamo messo in piedi un “Team Futuro” che sta ragionando su questi temi, con molta umiltà e senza pretesa di trovare soluzioni definitive. Insieme ai miei collaboratori ascoltiamo, interpretiamo, proponiamo. Ecco alcuni spunti di riflessione a cui siamo arrivati. Grazie anche al contributo di 5 grandi pensatori a cui ci siamo ispirati.

Adattarsi
Charles Darwin diceva che “Non è la specie più forte a sopravvivere, ma quella che più si adatta al cambiamento”. La comunicazione lo sta facendo, in queste settimane abbiamo visto grandi e piccoli brand adattare i propri messaggi al nuovo contesto, in diversi modi: cavalcando i grandi hashtag (#iorestoacasa, #andràtuttobene), dando informazioni di servizio, sostenendo iniziative solidali, spostando contenuti sul web. Anche per il post-crisi credo che la comunicazione dovrà essere sempre più fluida e dinamica, omnicanale, capace di tenere le orecchie dritte per muoversi insieme alla comunità a cui si rivolge.

Superarsi
Albert Einstein nel 1931 scriveva: “Tutte le crisi portano progresso. La creatività nasce dall’angoscia proprio come il giorno nasce dalla notte buia. È nella crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera una crisi supera se stesso, restando insuperato”. Citazione che io traduco con: è il momento di rimboccarsi le maniche. Ognuno di noi è chiamato a trovare soluzioni, a risolvere problemi, con un approccio creativo a 360°. Il lockdown finirà gradualmente, ma i rapporti sociali e l’economia cambieranno in modo profondo. I budget saranno più bassi. I luoghi di aggregazione, come ad esempio i centri commerciali, andranno riorganizzati. Gli eventi andranno ripensati in toto. In questo sconvolgimento, credo che la creatività sarà un asset rilevante, forse ancor più di prima, per far ritrovare la serenità e rimettere in primo piano i bisogni sociali e relazionali delle persone.

Ritornare
Charles Dickens scrisse che “Il dolore della separazione è nulla in confronto alla gioia di incontrarsi di nuovo”. Anche in questi giorni di porte chiuse e smart working possiamo prepararci al ritorno. Quando il periodo di crisi sarà finito, non si tornerà immediatamente alla normalità. O forse la normalità futura non coinciderà con quella passata, è impossibile prevederlo. Quello che è possibile, però, è prepararsi a ogni scenario, avere strategie di comunicazione, iniziative e proposte concrete pronte come assi nella manica. Il nostro “Team Futuro” sta lavorando a una serie di progetti che puntano a costruire una ritrovata serenità, a far ritrovare le comunità, sia in senso virtuale che in senso fisico.

Protagonisti
Ok, la frase di Andy Warhol sui 15 minuti di celebrità la conosciamo tutti. I mesi di quarantena hanno portato un’esplosione dei social, con il mondo intero connesso attraverso il web. Miliardi di persone hanno creato e condiviso contenuti di ogni tipo, dalle ricette casalinghe ai concerti in terrazzo alle lezioni di fitness. Tutti, sempre più, protagonisti. La comunicazione può cavalcare questa onda, ad esempio con iniziative online basate sullo user generated content per creare empatia, brand awareness, passaparola, condivisioni. Perché i contenuti generati dagli utenti ispirano più fiducia, sono percepiti come più “veri” rispetto alla pubblicità classica.

Umiltà
Bruno Munari strigliava i designer invitandoli a scendere dal piedistallo e “andare a dipingere l’insegna del macellaio, sempre se ne sono in grado”. Credo che la comunicazione post-coronavirus debba ritrovare l’umiltà. Ascoltare la gente. Recepire le necessità dei clienti. Fare i conti con la realtà, senza negarla. I pubblicitari non salvano vite, questo compito spetta a dottori e scienziati. Quello che possiamo fare è essere vicini, intrattenere, far sorridere, aggiungere un tocco di leggerezza che può aiutare a vedere la luce in fondo al tunnel.

La pubblicità ha narrato la vita, la fantasia, la missione, il desiderio. Occorre che oggi apra il suo terzo occhio per cogliere e fare proprie le aspirazioni del domani.

Fonte: Ufficio Stampa Canali&C.

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