La cosmetica è sempre più sostenibile grazie alla circular beauty

Al fianco di prodotti bio e cruelty free, si fa strada un nuovo approccio che potrebbe contribuire in maniera significativa a ridurre gli spechi del cibo apportando benefici sia alla nostra pelle che all’ambiente. Gli inglesi lo chiamano circular beauty o upcycling beauty ovvero riutilizzare, riciclare non solo plastiche e carta per il packaging dei cosmetici, ma anche le materie prime da inserire in creme e make-up.

“Il mercato dei prodotti di bellezza circolari dovrebbe raggiungere un valore di 2,3 miliardi di dollari entro la fine del 2022 e, nei prossimi dieci anni, aumenterà di 1,7 volte raggiungendo i 2,9 miliardi di dollari – spiegano gli analisti di Fact MR, società di ricerche di mercato globali in una nota -. Si prevede che le vendite mondiali dei cosmetici cosiddetti ‘circolari’ aumenteranno del 5,8% dal 2022 al 2032 e raggiungeranno un mercato di 4,2 miliardi di dollari. Se negli Stati Uniti il fenomeno interessa il 28,2% del totale dei prodotti beauty venduti ed è destinato a crescere del 5,5% arrivando a raggiungere gli 1,1 miliardi di dollari entro il 2032, chiari segnali di interesse arrivano anche dall’Europa, Francia in testa. In Europa il 33.5% del totale dei prodotti di bellezza deriverà dagli avanzi di cibo”.

In questo contesto alcune aziende puntano già direttamente a contattare fornitori locali e a riciclare i prodotti alimentari di scarto per consumo edibile, ma che possono essere ancora ricchi di proprietà cosmetiche. Ad esempio, dalla frutta secca è possibile ricavare oli essenziali, mentre da scarti di cacao e di caffè possono essere ottenute maschere e scrub. Andrea Dominique, Jaqueline e Micaela Illy, sorelle della quarta generazione del marchio triestino di espresso, hanno deciso di valorizzare proprio gli ingredienti della pianta di caffè non utilizzati dal settore food & beverage e creare ilmarchio di skincare Amarey. Un altro brand che predilige il recupero di materiali organici di scarto per la realizzazione dei prodotti per la cura della persona è Bioclin, il marchio di dermocosmesi green di Istituto Ganassini. La conversione di rifiuti alimentari in prodotti di bellezza sostenibili è l’obiettivo delle linee Bio-Essential Orange e Bio-Hydra di Bioclin. Insieme alla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus vengono infatti recuperate materie prime di scarto derivanti dal settore alimentare, in particolare quello di succhi di frutta.

Tra le ultime novità, va citato anche l’utilizzo di sostanze dermo-nutrienti estratte dai semi e dalle bucce di mela del nuovo Balsamo del Frutteto per il corpo di Yves Rocher. “Con le mele 100% provenienti dall’upcycling – riporta una nota di Yves Rocher – recuperiamo i residui di mela in collaborazione con una cooperativa di produttori di sidro. Abbiamo voluto garantire un approvvigionamento di Mele Bio il più virtuoso possibile con mele pressate a soli 50 chilometri dai nostri stabilimenti di produzione. In questo modo promettiamo qualità, trasparenza e completa tracciabilità delle nostre mele”. E non è tutto. Cecilia Garofano founder, nel 2015, del brand Teaology, ha messo a punto un innovativo brevetto che sostituisce completamente con l’infuso di tè l’acqua. “Nelle nostre formule – sottolinea Garofalo – utilizziamo ingredienti da fonti rinnovabili perché le risorse naturali sono limitate e vanno preservate. Il Tè che utilizziamo per produrre i nostri infusi proviene da fonti rinnovabili e da Paesi in cui la coltivazione e la raccolta sono rispettosi dell’ambiente, della biodiversità e dei lavoratori. Scegliamo i tè delle migliori qualità e di accertata certificazione biologica. Noi di Teaology abbiamo creduto in un modello di cosmetica a impatto positivo e oggi per questo impegno abbiamo ottenuto la certificazione B Corp che è un traguardo di cui siamo orgogliosi e un punto di partenza sulla strada di un cambiamento di cui facciamo parte”.

Restando in Italia anche Barò Cosmetics nasce da principi ispiratori legati all’economia circolare: ogni anno recupera 1000 kg di vinacce destinate allo smaltimento e le reimmette nel ciclo produttivo. I semi e le bucce dell’uva biologica coltivata a Barolo, dopo il processo di pigiatura e torchiatura, conservano ben l’80% dei polifenoli dell’acino, una miniera d’oro. “Ci piacerebbe che ogni volta che si apre un prodotto di bellezza, non si pensi solo agli effetti cosmetici per i quali è realizzata, ma a come è pensata per essere sicura e sostenibile per il pianeta – ribadisce Alberto Toppino co-fondatore e CEO -. Non basta bandire alcool, vaselina, parabeni, siliconi, petrolati, iodio e derivati animali… bisogna andare oltre!”.

Ha un approccio zero waste anche il Rossetto Puro di Collistar, formulato con estratto di uva di Aglianico (levigante e idratante) proveniente dagli scarti di produzione dei vigneti di Sant’Agata de’ Goti, una piccola cittadina nei dintorni di Benevento dove il prodotto ha il più alto livello di classificazione (DOCG). Nello specifico, vengono riscattate, quindi lavorate, le vinacce eliminate dopo la pigiatura ma ancora ricche di polifenoli dalle proprietà antiossidanti.

Fonte: pambianconews.com 

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