La strategia che ha salvato la Conbipel

Roberta Favrin – Lastampa.it 

Si è definitivamente chiusa la complessa trattativa per la cessione della Conbipel.

Il fondo Grow Capital Global Holdings, operatore di private equity di Singapore fondato nel 2019 dai fratelli Ajay and Arvind Vij, ha firmato il contratto d’acquisto con la procedura di amministrazione straordinaria rappresentata dal commissario Luca Jeantet.

Novità dell’ultima ora è che nel consiglio d’amministrazione entrerà anche Invitalia, l’Agenzia del Ministero dell’Economia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.

Avvocato il closing dell’operazione dice che è stato salvaguardato il 93% dell’occupazione ovvero 1400 posti di lavoro. Qual è la situazione per il quartier generale di Cocconato: sede amministrativa e magazzino?

«A seguito di una serrata trattativa sindacale gli esuberi inizialmente ipotizzati dall’investitore si sono significativamente ridotti a 13 unità. Tramite l’incentivo all’esodo e l’utilizzo della Cassa integrazione straordinaria è stato costruito uno scivolo verso la pensione che ridurrà al minimo la sofferenza economica. Gli accordi individuali sono stati sottoscritti in un clima di assoluta collaborazione e sostegno anche da parte dei dipendenti in esubero».

Si era parlato di un taglio agli stipendi, che succederà?

«Al momento, come richiesto in sede di trattativa sindacale, non sono previsti tagli di stipendio e i dipendenti sono stati trasferiti alle stesse condizioni esistenti. Vi potranno essere successive interlocuzioni sindacali funzionali a verificare, nel corso del tempo, l’andamento aziendale».

Al salvataggio del Gruppo partecipa Invitalia, società del ministero dell’Economia. Che ruolo avrà?

«Invitalia, per il tramite del fondo di salvaguardia e secondo le sue regole proprie, è entrata nel capitale sociale dell’investitore con una partecipazione al 49% ed ha nominato un esponente nel consiglio di amministrazione».

Finora la gestione era in capo al fondo americano Oaktree Capital Management. Ora subentra la società BTX Italian Retail and Brands, ramo del Gruppo danese BTX A/S acquisito da Grow Capital Global nel 2019. Il management cambierà?

«Si insedierà un nuovo consiglio di amministrazione, resterà invece immutata la linea dirigenziale, che è stata tutta confermata. Questo rappresenta la migliore garanzia di continuità gestionale: è essenziale mantenere intatta la complessa rete di relazioni con i principali interlocutori aziendali, che sono i fornitori di prodotto ed i proprietari dei negozi».

Il Gruppo è tuttora in perdita. Nel primo trimestre del 2022, il margine operativo lordo è stato negativo per circa 12 milioni, a fronte di ricavi netti per 32,5 milioni. Su quali punti fa leva la strategia di rilancio?

«Le perdite che abbiamo registrato sono dipese, in larga misura, da fattori esogeni: le restrizioni derivanti dalla pandemia, il timore della clientela, a negozi riaperti, di entrare e di contagiarsi. Poi la crisi derivante dall’invasione russa in Ucraina, il conseguente incremento dei costi fissi e, quanto alla clientela, la minore propensione agli acquisti a fronte di un contesto macro economico di grande incertezza. Prima del lockdown provocato dal Covid il business plan era in linea; sulla base delle analisi condotte fino a questo momento, dovremmo comunque riuscire a chiudere la gestione della fase di continuità aziendale con un risultato positivo».

E’ prevista la chiusura di 18 negozi in Italia.

«L’investitore ha selezionato 167 punti vendita su 185, ma nonostante questo siamo riusciti a salvaguardare una ventina di posti di lavoro, il personale si trasferirà in negozi che localizzati sono in aree di prossimità».

Qual è stato il momento più critico in questi 18 mesi di procedura?

«I momenti difficili sono stati numerosi dal 25 novembre 2020, sicuramente quello più critico è stato quando, durante la recrudescenza della pandemia, ci siamo ritrovati con 170 negozi chiusi su 190. In quella fase, quasi tre mesi senza flussi di cassa, ho più volte temuto che non si riuscisse a trovare una soluzione. Ma come ho avuto modo di dire ai dipendenti quando ci siamo incontrati dopo il closing, l’unità che ci ha contraddistinto ha consentito di tenere la barra dritta e di andare avanti. Siamo sempre stati convinti della bontà dell’azienda e della sua allocabilità sul mercato. I fatti ci hanno dato ragione».

Fonte: Lastampa.it

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