Maison Margiela a tutto retail con il nuovo flagship di Parigi

«In Maison Margiela, il retail rappresenta attualmente il 40%. In tre anni, varrà oltre i due terzi del business». È questo l’obiettivo del ceo Gianfranco Gianangeli, dallo scorso settembre al timone del brand della Otb di Renzo Rosso, che ha svelato i piani di crescita inaugurando oggi il nuovo flagship parigino al 33 di avenue Montaigne.

Nonostante le dure conseguenze inflitte dal Covid-19 al sistema moda e alla sua rete di punti vendita fisici, la griffe non frena dunque la sua corsa, lancia un messaggio di solidità e insieme dà voce a una visione proiettata al futuro, specie considerando che quello della capitale francese è il terzo di quattro opening in programma per l’ultimo trimestre del 2020. A dare il via all’operazione è stata, a ottobre, la prima apertura londinese del marchio in Bruton street, seguita il mese successivo da quella nel centro commerciale di lusso Shinsaibashi parco nella città di Osaka, in Giappone. Mentre il poker sarà presto completato dallo store nel Réel mall nel cuore di Shanghai, che spalancherà le sue porte nei prossimi giorni e costituirà il primo monobrand Maison Margiela nella metropoli cinese.

«A fine 2020, Maison Margiela avrà 22 negozi freestanding in tutto il mondo e 35 shop-in-shop in nove Paesi», ha puntualizzato Gianangeli, che per il futuro punta all’Asia: «A fine dicembre, avremo solo due negozi Maison Margiela in Cina, c’è quindi un ampio margine di crescita e prevediamo l’apertura di diversi nuovi store nel corso dei prossimi due anni. Nel complesso, ci avviciniamo alla crescita del retail a livello globale, e vedo spazio per un’espansione significativa. Stiamo pianificando nuove aperture negli Stati Uniti, a Miami e New York nel 2021, e continueremo a crescere in Europa. Nuovi opening sono previsti anche in Corea, Giappone, Singapore e Thailandia». A cui si aggiunge un re-launch del sito web nell’autunno del 2022, per una strategia che non trascura il valore dell’omnichannel ma fa leva sull’esperienza reale. Qui il focus è tutto su design e sostenibilità, dal momento che, da un lato, i nuovi spazi di Londra, Osaka, Parigi e Shanghai lanciano la nuova visual identity progettata dagli architetti dello Studio Anne Holtrop di Amsterdam sotto la supervisione del direttore creativo John Galliano e, dall’altro, puntano i loro riflettori anche sugli accessori del nuovo capitolo Recicla, disponibili nelle quattro boutique.

E se ciascun pezzo in edizione limitata è prezioso perché rappresenta un autentico articolo vintage selezionato personalmente dallo stesso Galliano a cui viene data una seconda vita, a catturare l’attenzione sono le bag di vimini risalenti agli anni 30-70 del Novecento, trasformate attraverso processi di upcycling. A queste si affiancano poi le borse Recicla 5ac e gli stivaletti Recicla tabi creati dal recupero e riutilizzo di pelli pregiate. Ma ad accomunare gli spazi di vendita è in primis la firma dello Studio Anne Holtrop che ha sviluppato il nuovo concept a partire dalla prima collaborazione con il brand per il set della sfilata Artisanal autunno-inverno 2018/19. Entrato nell’orbita di Margiela grazie al consulente artistico Dennis Freedman, il team ha infatti pensato a uno scenario di strutture che ha fatto da sfondo a un’acclamata collezione di alta moda, traducendosi presto in una precisa identità architettonica capace di trasferire nella facciata e negli interni dei negozi il linguaggio estetico dello stilista, nonché gli stilemi della casa di moda.

«I codici includono l’Anonymity of the lining, che si riferisce al concetto di prendere la fodera di un capo di abbigliamento e renderlo un elemento visibile del design, e il Décortiqué, che è il nome dato al processo di smontare un vestito fino allo scheletro o alla gabbia», ha spiegato il founder Anne Holtrop, facendo luce sul risultato di una tecnica di destrutturazione che si spinge fino alla cosiddetta scorticazione per rivelare l’essenza di un abito: «Tutto ciò che rimane sono i componenti fondamentali che permettono di riconoscere ciò che l’item era una volta. Questi codici legati ai gesti del fare sono stati applicati ai materiali per disegnare il nuovo linguaggio architettonico di Margiela. L’Anonymity of the lining si esprime attraverso le pareti come calchi in gesso e il Décortiqué attraverso specchi e tavoli».

L’input arriva anche nei nuovi 250 metri quadri sviluppati su due livelli nella prestigiosa via nell’8° arrondissement, il quarto negozio Maison Margiela nella Ville lumière, dopo i due in rue Montpensier, vicino al Palais Royal, e quello in rue de Grenelle sulla Rive gauche. E che, in quanto ammiraglia nella capitale, presenta ora la gamma completa delle collezioni Co-ed del brand, il prêt-à-porter uomo e donna, gli accessori, le scarpe, la piccola pelletteria, ma anche gioielli, occhiali e profumi. Tutti pezzi protagonisti di un ambiente astratto che affonda le sue radici nell’idea di appropriarsi dell’inappropriato, dove i muri e le colonne che definiscono le stanze appaiono come oggetti staccati dal soffitto e tra loro. Come anticipato da Holtrop, sono veri e propri blocchi monolitici, ciascuno realizzato singolarmente a mano da artigiani italiani che hanno creato stampi di tessuto in cui è stato colato del gesso in forma fluida. Così, una volta solidificate, le superfici hanno conservato la memoria della trama della matrice tessile che le ha forgiate, con impronte e pieghe che sono rimaste visibili come cristallizzate, dando l’idea di un qualcosa di ancora in movimento e regalando una tattilità altrimenti irriproducibile. Il risultato è un negozio che incoraggia il tocco umano che lo ha creato e al tempo stesso, mantenendo ogni muro o colonna intatto nella sua natura senza alcun tipo di rivestimento o tinteggiatura, evoca quello che generalmente è il suo umile interno, la sua lavorazione sottostante, l’intonaco in gesso.

Ecco spiegato l’espediente utilizzato dallo studio per trasferire l’Anonymity of the lining dalle collezioni all’interior design. Accanto, il total white non è solo il non-colore distintivo della fashion house, ma è un tributo alla tonalità naturale del composto. «Sono sempre interessato al colore del materiale in sé», ha continuato Anne Holtrop, «per Maison Margiela abbiamo iniziato a guardare a materiali che sono naturalmente bianchi come il gesso. Oppure abbiamo usato il bianco in un certo senso per alterare un materiale, come con il travertino macchiato di bianco». Rompendo l’abitudine, la porosità del travertino viene dunque riempita con una resina epossidica bianca anziché della stessa nuance della pietra, per dare vita a mobili che richiamano oggetti classici e familiari, mensole, tavoli da esposizione e sedute decostruiti però nelle forme, esattamente come gli specchi. «In riferimento alla tecnica del Décortiqué, abbiamo costruito un linguaggio di forme rettangolari incomplete basate sugli strappi della carta. È l’imperfezione della forma paper cut che dà carattere», ha concluso l’architetto, «quando più forme vengono messe insieme per creare uno specchio o un tavolo, il fatto che non combacino tra loro ne mostra l’incompletezza». E se il non finito è una caratteristica degli arredi, di certo non lo è del nuovo concept di Maison Margiela curato fin nei dettagli degli spazi di prova dei camerini, dove, con un inaspettato gioco di contrasti, pareti e soffitti sono dipinti di un verde scuro, quasi nero, dall’effetto glossy.

Fonte: mffashion.com

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