Non chiamatelo solo New Normal

Dopo la chiusura forzata, che per molti attori ha significato un’emorragia di bilancio tale da sancire la morte del business, il fuori casa sta imparando le regole di convivenza con una nuova socialità, fatta di norme governative, distanze e soprattutto diffidenza, senza la certezza di aver ancora scampato il pericolo né quella di riuscire a colmare il buco in consuntivo. Dalla terra bruciata dal Covid spuntano però idee, iniziative e format pensati per interpretare il cambiamento e destinati a dare nuovo impulso al settore. Dai temporary restaurant alle catene che si “allungano” con nuovi store, dalle nuove partnership alla reinterpretazione di “vecchie formule” come le gastronomie di vicinato: ecco le ricette di chi si reinventa e chi si butta ex novo nell’Horeca al tempo del Covid.

ROSSOPOMODORO, LA CATENA SI ALLUNGA
Tra chi punta forte sulla resurrezione della ristorazione tanto da rilanciare con diverse aperture è la catena Rossopomodoro, con due nuovi punti vendita di Milano, in zona Navigli (inaugurato il 29 maggio) e Isola (il 2 luglio), e un ristorante a Firenze. «Ma anche a livello globale stiamo valutando altri store non preventivati prima del Covid» spiega Roberto Colombo, ad di Sebeto, azienda leader della ristorazione italiana casual con i brand Rossopomodoro appunto e Anema e Cozze. Espansione nonostante la recessione. «Dal 4 maggio siamo usciti dal vero lockdown, prima avevamo aperto soltanto alcune realtà in Italia col delivery (sia in forma diretta sia in franchising), ora abbiamo riaperto tutti i locali in Italia anche nella forma del eat-in. I primi dati di fatturato parlano di un -65% rispetto al pari periodo del 2019». Eppure «siamo ottimisti – prosegue il manager – perché il vero problema del fuori casa è la fiducia del cliente e abbiamo già notato che, seppur lentamente, confidenza e coperti stanno aumentando giorno per giorno». Per Colombo crescita significa scommessa, ma anche reattività di cambiamento: «Sicuramente nelle location future la scelta e l’organizzazione degli spazi seguirà logiche differenti e terrà conto delle necessità emergenti, così come un pensiero più evoluto della gestione del delivery nei “nuovi locali” sarà importante: la progettazione di store “nativi” per le consegne significa organizzare i flussi fisici e temporali del forno, della cucina e delle consegne coi passaggi dedicati ai rider, scelta di orari e giorni strategici di funzionamento del servizio a domicilio. Significa pensare a un delivery come parte integrante dell’attività anziché adattarlo a posteriori».

POKE HOUSE TRA DIGITAL, CHIOSCHI E DARK KITCHEN
Con uno slancio nuovo, e una nuova iniezione di fiducia e capitali dal fondo di venture capital Milano Investment Partners (MIP) è ripartito anche il fast casual del poke californiano, Poke House, che oltre ai sette store di Milano aperti negli ultimi due anni ha inaugurato una nuova location, Carlina House, a Torino. Anche in questa fase la filosofia è sempre la stessa, un modello ibrido tra retail e digitale, e incline per Dna alla sperimentazione di nuove forme di ristorazione, ma con un’attenzione ancora maggiore, paradossale a dirsi nell’era del distanziamento sociale, al “contatto” con il cliente: sia in sala sia a distanza. «Noi siamo nati digitali, ma durante tutto questo periodo abbiamo compiuto un ulteriore sforzo per colmare la mancanza dell’esperienza fisica e portare quella veicolata digitalmente e a distanza a un livello quanto più vicino a quella di sala – racconta il CEO Matteo Pichi –. Siamo il brand che fa più delivery per singolo punto vendita d’Italia. Ma abbiamo fatto uno sforzo per offrire più comodità e convenience nell’ordine digitale, investito nella comunicazione social e sviluppato sistemi di click and call per tagliare le file dell’asporto e rispettare il distanziamento sociale». «ll lockdown ha messo in difficoltà in particolare chi puntava solo sulle sale tradizionali, così abbiamo deciso di diversificare l’offerta – spiega Pichi –. Sono nate altre idee come i chioschi con ombrelloni e teli da pic nic piazzati al Parco Ravizza di Milano, aperti con la collaborazione di istruttori delle palestre della zona: bowl di pesce, pollo e verdure con lezioni di yoga e fitness annesse. O ancora nuove dark kitchen, hub “solo cucina” dedicati a sfornare cibo da consegna, per compensare lo svuotamento dei luoghi fisici con il doppio vantaggio di ridurre i costi e aumentare il raggio di consegna del prodotto».

GIACOMO GASTRONOMIA, IL NUOVO FORMAT DELLA “VECCHIA DROGHERIA”
Avrebbe dovuto essere una dark kitchen anche la nuova iniziativa imprenditoriale del gruppo Giacomo, ristoranti, caffè, bistrot, rosticcerie e pasticcerie tra Milano e Pietrasanta, e invece si è trasformata in una gastronomia “di lusso” in cui ritirare i piatti cucinati nel laboratorio di via Sottocorno e acquistare una selezione di delicatessen. Inaugurata in piena pandemia nella parte Ovest del capoluogo meneghino e messa in moto con le consegne, Giacomo Gastronomia è un concept di «ritorno al negozio di vicinato – racconta Cristian Taormina, esponente di terza generazione e General Manager del gruppo –, un format pensato per superare la diffidenza della clientela dopo la tempesta del Covid, puntando appunto sulla selezione, sulla prossimità ma soprattutto sulla costruzione di un rapporto di confidenza col consumatore». Trend ritenuto imprescindibile nell’out of home post lockdown per Giacomo è anche quello digital, che nel gruppo ha trovato declinazione nel nuovo format di offerta e-commerce che parte dalla Rosticceria di via Sottocorno e i business lunch firmati da Giacomo Ristorante, Giacomo Bistrot e Giacomo Arengario, disponibile anche in consegna diretta. «Ben prima dello scoppio dell’emergenza Covid, Giacomo rosticceria era stato tra i primi in Italia a pensare a un delivery ancora prima dell’avvento e della diffusione delle piattaforme – sottolinea Taormina –, ma non avevamo mai pensato prima di applicarlo al fine dining: oggi abbiamo scelto di distinguerci anche in quest’ambito favorendo la ricreazione dell’esperienza a casa propria, con box che includono appetizer di benvenuto, istruzioni per rinvenire le pietanze, piccoli cadeau, un menu delivery alla carta e anche un business lunch a domicilio pensato e creato da zero e dedicato a chi fa smartworking».

CARNE COMBATTE LA CRISI CON MENU MONOPIATTO
Originale anche il progetto di Andrea Pirotti, una storia di macelleria quasi centenaria in famiglia e tanta esperienza in cucina con l’avventura di Bove’s come penultima tappa e, infine l’ultima: Carne Diversamente Macellai. L’idea è inedita, il mood informale, il respiro internazionale e la carta una delle più nude nel panorama meneghino: un solo piatto, il lombatello, più un paio di specialità (sempre a base carne) a rotazione. Un concetto di steakhouse mutuato dal “Flat Iron” di Londra e dai micro locali monospecialità che trovi nelle vie di Tokyo. Un posto che punta su semplicità, comfort food, coinvolgimento e, come gli altri colleghi, la costruzione di un rapporto intimo con l’avventore per sfidare i postumi della pandemia. «La nostra è una proposta casual ed economica. Bistecca e contorno a 14 euro a pranzo. A cena aggiungiamo patate cotte nel grasso bovino in un menu da 18 euro. E informale è anche l’ambiente, con un bancone unico che circonda la cucina e piatti che vengono serviti direttamente da chi li prepara. Il concept è stato pensato prima del lockdown per puntare sulla convivialità ed eliminare la distinzione tra cucina e sala». Non solo, c’è anche tanta comunicazione. «In un momento così complesso – è l’idea di Pirotti –, bisogna fare in modo che la gente si fidi del ristoratore, quindi abbiamo adottato strategie di direct marketing, dai messaggi alle newsletter ai consigli su cosa e come cucinare durante la “reclusione” tra le mura domestiche. E siamo riusciti a creare un legame col nostro target, una community ancora prima di alzare la serranda».

CONTRASTE, QUATTRO APERTURE PER UN NUOVO CORSO
C’è poi chi ha interpretato la serrata come occasione per spegnere i fornelli, differenziare la propria offerta e dedicarsi alla cucina di… nuove idee. Contraste, creatura di Matias Perdomo coi soci Thomas Piras e Simon Press, ne ha sfornate ben quattro, con aperture tutte in agenda a settembre o giù di lì. «Da subito ci siamo concentrati su format che potessero durare nel tempo, non come cerotti per la crisi – ci dice Piras, maître e sommelier che, con Perdomo, lavora dai tempi del Pont de Ferr –. Il primo concept si chiama Abere, è concentrato sulla selezione, importazione e distribuzione di etichette vinicole di nicchia, sulla riscoperta di terroir meno noti ed è dedicato ai professionisti: la sfida? Bere bene con meno di 30 euro». Che coi tempi che corrono non fa mai male. «Il secondo è Exit – Pastificio Urbano e racchiuderà un laboratorio di produzione, un ristorante e un cocktail bar: un regno del carboidrato che mette la pasta, ingrediente che da Contraste non si maneggia, al centro dell’esperienza». La regina degli ingredienti italiani e un’atmosfera informale ma curata, insomma, in un cocktail che già promette bene. «La terza idea è Le empanadas del Flaco (dalla ricetta e dalle mani del sous chef Simon Press). Uno street food dove si può mangiare sul posto, al banco, per strada, al parco, a casa. In più ha una shelf life di due mesi e rigenerato è buono esattamente come appena fatto. Pensiamo ci schiuda mille possibilità: delivery, take away, consegne negli uffici, servizio B2B, industria». Infine l’ultima pensata, nata in pieno lockdown da Covid. «Abbiamo escluso fin da subito di fare delivery con Contraste, sarebbe stato inseguire la crisi, imbastardire e svilire l’offerta. Così abbiamo creato un brand ad hoc dedicato alle consegne: Roc-Rosticceria Origine Contraste. Niente sperimentazioni ma piatti della tradizione per toccare una memoria del gusto condivisa preparati nel nostro laboratorio di Lambrate, una dark kitchen già esistente. L’ordine, che partirà online su una piattaforma proprietaria, sarà consegnato con scooter elettrici, avrà involucri termosaldati e superigienici e pure un packaging tech avveniristico e da conservare. E un altro tratto distintivo: si prenoterà per il giorno dopo». Insomma: semplicità, comodità, prezzo, sostenibilità, freschezza e abbattimento degli sprechi.

Fonte: foodserviceweb.it

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