Vegè all’attacco: state freschi, c’è la superdrogheria

Addio agli ipermercati, torna la superdrogheria. Specializzata nel fresco, «anzi, freschissimo» dice Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo Vegè e presidente di Adm, l’Associazione di distribuzione moderna. «Che se ne fanno i consumatori di dieci metri di scaffali di detersivo? Quello si acquisterà sempre di più online. Il futuro è delle verdure, non delle ecodosi».

Mentre le grandi superfici affrontano il cambio delle abitudini di spesa, Vegè galoppa. Vuole espandersi al Nord. Ha un’acquisizione annunciata in arrivo, inoltre vuole rilevare i punti vendita messi sul mercato da Auchan e ancora non acquistati (non tutti sono finiti sotto Conad). «Ne restano circa 300 in franchising, siamo interessati», dice Santambrogio. Funziona il modello d’impresa cooperativa multi-insegna, che aggrega i piccoli e medi dettaglianti lasciando a loro, se lo desiderano, il proprio marchio. Come Migross e Sidis, Nonna Isa e Dimeglio, Decò e IperTosano, Vega e Scudo.

Vegè riunisce 32 imprese e dichiara 3.416 punti vendita, ma ancora non bastano. «Entro la fine del mese contiamo di acquisire un’altra impresa, è nel Nord Italia, cash&carry », dice Santambrogio. Il piano di proseguire lo shopping «per diventare il quinto gruppo in Italia entro il 2020, ora siamo sesti dopo Coop, Conad, Selex, Esselunga, Eurospin». Una spinta viene dalla nuova dalla nuova Aircube, la centrale di acquisto nata l’anno scorso con l’ingresso di Carrefour a fianco di Pam, che Vegè ha promosso: «Sta acquistando quote di mercato, è al 14,8%, può arrivare al 16%». È lo strumento con cui Vegè vuole alzare il potere negoziale dei piccoli nelle trattative con le multinazionali, le grandi marche. « Siamo quelli cresciuti di più in acquisizioni, solo quest’anno abbiamo 650 nuovi punti vendita». Esito di una paziente politica di alleanze e corteggiamento dei retailer. «Sto cercando di spingere i piccoli ad accasarsi presso i più grandi» dice Santambrogio. «Tornerà la super drogheria, organizzata e con le cassiere che si ricordano dei clienti».

L’obiettivo 2019 è arrivare a 7,5 miliardi di fatturato, uno in più del 2018. In giugno il gruppo ha festeggiato i 60 anni, ma questo dovrebbe essere l’anno del consolidamento. Da gennaio ha affiliato, fra gli altri, il gruppo veneto Vega (400 punti vendita) e poco prima la Gda leader in Basilicata, 130 negozi.

L’anno scorso ha ripreso il gruppo campano Morgese (Euroesse), tornato dopo una fuga in Auchan. E ha chiuso un accordo con la centrale di acquisto europea Ifa, che fa capo al primo gruppo di distribuzione in Spagna. «Ci ha portato ad avere migliori prezzi con 21 produttori internazionali, da Coca Cola e Nestlé a Rana e Barilla, da Martini & Rossi a Henkel, da Sanpellegrino a Danone».

Nel 2015 Vegè aveva già accolto i promettenti supermercati Tosano, sempre veneti, e nel 2016 riconquistato Arena e Multicedi (Sigma) aumentando la copertura in Campania, Sicilia e Calabria. «Da quattro anni sempre più imprese si staccano dalle loro organizzazioni per venire da noi» dice Santambrogio «Lo fanno perché lasciamo loro autonomia. Possono tenere la propria insegna, hanno meno costi e un supporto di marketing. Siamo un aggregatore e società di consulenza».

Così la quota di mercato di Vegè è salita del 3,65% in quattro anni (febbraio 2015-febbraio 2019, Gnlc Nielsen): il maggiore incremento del settore.

Tener testa alle multinazionali è comunque una necessità. Santambrogio prevede d’incontrare in ottobre la ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova. Spingerà perché proceda con la legge che vieta le aste a doppio ribasso, che mettono in difficoltà i piccoli produttori. La settimana scorsa ha poi preso posizione contro la proposta di tassare le merendine e bibite gasate: « Si tradurrebbe in aggravio di costi per le famiglie e contrazione dei consumi». E dal primo ottobre c’è l’app Vegè contro lo spreco alimentare e il 17 completerà l’operazione «Ripuliamo le spiagge». Anno di svolta da stakeholder, più che da catena distributiva.

Fonte: Il Corriere della Sera

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