Sharing economy: Instacart, Deliv, Uber

Fanno parte della crowd economy, per esempio, piattaforme di delivery on demand, di gran moda in questo momento negli Stati Uniti, come Instacart, che permette di ordinare prodotti dai supermercati più “gettonati” della città e vederseli consegnare da privati cittadini, Deliv per consegnare/ricevere pacchi, Sponrocket per prenotare il pranzo o la cena dal ristorante preferito, e la stessa Uber, il cui servizio non è molto diverso da quello offerto dai taxi.

Rientrano in questo contesto, inoltre, anche piattaforme più propriamente di crowdsourcing come Houzz, un interessante servizio nato per raccogliere i nominativi di architetti e designer, oggi vero e proprio riferimento per chiunque si occupi di arredamento, 99designs che mette in contatto creativi e potenziali clienti, e servizi come Handy o TaskRabbit, che permettono di trovare persone pronte a fare piccoli lavori domestici.

Tutte queste piattaforme, così come molte fra quelle della sharing economy, stanno crescendo perchè incontrano l’interesse delle persone, ma anche grazie alle ingenti somme di denaro che i venture capitalist americani stanno riversando in questi nuovi servizi (più di 11 miliardi di dollari), ponendo, tra l’altro, diverse importanti questioni in ambito normativo, fiscale e di sicurezza e garanzia dei lavoratori.

Come l’economia della condivisione reinterpreta vecchie pratiche come il noleggio, il prestito, il baratto, così queste piattaforme reinventano, attraverso la tecnologia e il coinvolgimento diretto dei cittadini, servizi tradizionali come quelli legati al mondo delle consegne o del lavoro rendendoli veloci, accessibili, affidabili, originali.

tratto da chefuturo.it

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