Dolce&Gabbana, rivoluzione in negozio

Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono un pianeta senza un’orbita precisa all’interno del fashion system: vagano dove vogliono e cambiano quando meno te lo aspetti. La loro strategia li sta premiando: in un momento di stagnazione dei mercati e di recessione dei colossi del lusso, Dolce&Gabbana ha chiuso l’esercizio del 2015/16 a quota 1,2 miliardi di euro (+16%); e ad agosto 2016 le vendite nette erano a +10% rispetto al periodo dell’anno precedente. Hanno 5.201 impiegati nel mondo, 2.879 in Italia. Contano su 3 sedi produttive controllate (Legnano e Vaprio D’Adda in provincia di Milano; Lonate Pozzolo a Varese; e Val D’Arno a Firenze) più una recentemente acquisita (Sarmeola di Rubano, Padova, investimento lungimirante per l’alta artigianalità relativa all’abbigliamento e alla sartoria). 

L’ultima mossa è un’inversione di rotta: dopo decenni di retail monomarca con un solo modulo espositivo, si cambia tutto. E così è stato: 60 milioni di euro messi sul piatto per ripensare da capo 12 boutique: Capri, Porto Cervo, Milano (via Montenapoleone) e Tokyo (Aoyama) già inaugurate; più Venezia, Londra (Old Bond Street), Monte Carlo, St. Barth, New York (Madison Avenue), Los Angeles, Pechino e Dubai entro la metà del 2017. Ognuna sarà radicalmente diversa dall’altra. E ognuna porterà la firma di cinque famosi studi d’archiettura: Storage Associati, Curiosity di Gwenael Nicolas, Steven Harris, Marco Costanzi e Carbondale di Eric Carlson. 

Ogni punto vendita, infatti, vuole disegnare una mappa di esperienze di shopping che azzerino l’idea di immagine globale, in voga fino a oggi, in favore di un concetto di identità locale.

Tutto è partito dal punto vendita di Capri che riporta una leggerezza vacanziera e sofisticata anni Cinquanta. È continuato a Tokyo, dove il teatro Kabuki in bianco e nero si unisce alle ombre immaginarie dei pomeriggi siciliani. È approdato in via Montenapoleone a Milano, con un negozio imponente che usa materiali pregiati come radica d’olmo, marmo verde e onice. Continuerà a Saint Barth, con una lounge tropicale, e a Los Angeles, con un Harry’s Bar, un club all’americana.

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