Esselunga «regina» per utili, lo scatto nelle vendite di Conad. Ma il vero boom è dei discount

Per la grande distribuzione il 2020 è stato un anno «eccezionale»: soprattutto nella prima fase del covid l’effetto accaparramento ha determinato un boom di vendite. Trainato anche dall’e-commerce. Ma si tratta di una specie di «bolla», come si è visto anche nelle fasi successive della pandemia, e la situazione è attesa tornare alla «normalità». Migliorano comunque anche le performance della sostenibilità, anche se il cammino da fare su questo tema è ancora ampio. Ecco in sintesi quanto si può ricavare dal nuovo «Osservatorio sulla Gdo italiana e internazionale prevalentemente alimentare» realizzato dall’Area studi Mediobanca.

Corrono le vendite dei discount
Il 2020 ha visto quindi le vendite del comparto aumentare salire del 5%, di cui l’1% attribuibile al boom del canale online. Più di tutti sono cresciuti i discount, che hanno messo a segno l’8,7%, e i super, con il 6,8%. L’intero sistema però, si legge nello studio, dovrebbe ripiegare quest’anno dell’1,6% portando quindi lo sviluppo in un biennio del 3,3%. Per l’e-commerce si prevede invece un’altra forte spinta del 60% che potrebbe portare questo segmento di mercato al 3% delle vendite totali, con due anni di anticipo rispetto alle stime pre-pandemia. Una quota comunque ancora abbastanza limitata se si pensa che in Gran Bretagna supera il 10% e che in vari Paesi si colloca fra il 5 e il 10%.

I top5: Conad, Sun, Coop, Esselunga e Vegé
Il settore in Italia si presenta poi più frammentato rispetto alla situazione internazionale. Pur in forte crescita la quota di mercato dei top 5 del settore, passata fra il 2015 e il 2019 dal 52,8% al 57,5%, se è superiore a quella spagnola (49,9%), è invece decisamente più bassa rispetto a Francia (78,1%), Gran Bretagna (75,3%) e Germania (75,2%). Fra i 17 gruppi italiani considerati, Conad è passata in testa per quota di mercato con il 14,8% dopo l’acquisto delle rete italiana di Auchan, seguita da Selex (con il consorzio Sun) che detiene il 13,7%, quindi Coop con il 12,9%, Esselunga con il 9,3% e Végé (a cui si è unito Bennet) con il 6,8%. Come si può notare le associazioni di dettaglianti hanno registrato uno scatto ed è già in atto nel settore un certo consolidamento. Tendenza che, secondo gli analisti, considerate le posizioni dei leader all’estero, verrà confermata con altre operazioni di aggregazione.

Gli utili sullo scaffale
Prima per utili cumulati nel quinquennio 2015-2019 è Supermarkets italiani, cioè Esselunga, con risultati netti complessivi pari a 1,3 miliardi, seguita da Eurospin con un miliardo, Conad con 879 milioni, Végé con 839 e Selex con 738. È interessante osservare come subito dopo ci sia Lidl Italia, cioè la catena italiana del gruppo tedesco di discount, mentre la francese Carrefour abbia invece perso 603 milioni. La componente estera nel nostro Paese, oggi con una quota complessiva del mercato pari a circa il 14%, è cambiata negli ultimi anni come si è anche potuto notare anche dalla sostanziale uscita di Auchan. Numero uno per redditività industriale è invece la catena di discount Eurospin (che vende per il 100% prodotti con marchio proprio) con il 20,2%. Eurospin è anche seconda al mondo in questa classifica che, a livello internazionale, vede al primo posto il gruppo australiano Coles con il 31,3%. E sempre nelle graduatorie worldwide, Esselunga ha il primato mondiale per vendite al metro quadro con 15.913 euro. Al secondo e terzo posto ci sono i colossi inglesi J Sainsbury e Tesco con, rispettivamente, 13.571 e 11.485 euro. Il confronto su questo parametro di efficienza diventa ancora più evidente se si pensa che, mentre Esselunga nel 2019 ha realizzato vendite per circa 8 miliardi, il giro di affari di J Sainsbury è stato di 34,1 miliardi e Tesco di 76. E ancora, il numero uno mondiale, il gruppo americano Walmart che fattura 462,8 miliardi, realizza vendite per metro quadro intorno ai 4.400 euro.

Sostenibilità
Infine, la sostenibilità. Se in Italia la presenza di report dedicati interessa il 63% del totale mentre all’estero la quota sale al 96,4%, i gruppi italiani impattano però meno in termini di intensità carbonica con 136 chilogrammi di Co2 contro 208. E la quota di rifiuti differenziati è pari in Italia al 75,1% contro il 71,7% all’estero.

Fonte: corriere.it

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