Investfood acquista Macha, nasce un polo da oltre 90 ristoranti. Intervista esclusiva all’a.d. Brusini

Investfood, la società che controlla tra gli altri NIMA Sushi e Pokéria By NIMA, ha acquisito il 100% di Macha, titolare del brand Machapokè.

Dall’operazione, che apporta una quarantina di punti vendita, nasce ora un player da oltre novanta ristoranti, specializzati nel sushi e nel poke, e un giro d’affari intorno ai 50 milioni. Questo nuovo tassello permette a Investfood di consolidarsi, sia rispetto al prodotto, sia rispetto ai canali commerciali. Ne abbiamo discusso con l’amministratore delegato Gian Maria Brusini, che è anche a.d. dell’azionista di maggioranza Mega Holding.

Dopo quest’acquisizione, com’è composto il portafoglio di Investfood?
Circa 25 ristoranti sono a marchio NIMA Sushi e Pokéria by NIMA. Tra 2024 e 2025 abbiamo acquisito i punti vendita di due piccole catene, attive soprattutto in Piemonte, Pacific pokè e Amo pokè, alcuni dei quali saranno ribrandizzati. Poi abbiamo i nostri marchi storici, che sono This is not a Sushi Bar, Pokè Factory e il ristorante Maui Hawaiian Restaurant, per un totale di circa 50 punti. Machapoke ci permette quasi di raddoppiare, grazie ai suoi 40 punti vendita, e superare le 90 unità in Italia.

Perché questa operazione è diversa dalle precedenti?
Prima avevamo sostanzialmente acquisito i punti vendita di aziende in difficoltà. Oggi compriamo un’impresa sanissima, che anzi abbiamo sempre identificato come leader di segmento per i risultati e la sostenibilità finanziaria. Acquisiamo il quartier generale e tutte le funzioni aziendali, che nel corso del 2026 andremo a integrare. E colgo l’occasione per dire che i due fondatori, Antonio Scognamiglio e Tunde Pecsvari, continueranno ad avere un ruolo in Investfood.

Quali sono i vantaggi dell’acquisizione di Machapoke?
Dal punto di vista dimensionale, ci permette davvero di cambiare marcia. Inoltre, ci dà un ottimo ribilanciamento dei canali commerciali, dal momento che Macha presidia quasi soltanto i centri commerciali, dove noi, finora, avevamo una presenza limitata.

E dal punto di vista geografico?
Anche su questo, Machapoke ci permette di approcciare qualche fronte nuovo, grazie ad un ristorante ad Aprilia, quindi nella zona a Sud di Roma, e a tre presenze nel centro Italia che ci aprono la via della zona Adriatica.

Obiettivi principali?
L’anno prossimo sarà votato all’integrazione fra le due realtà, anche se non rinunceremo a crescere, ma più gradualmente. Sono previste 4 aperture.

Quali sono i dettagli finanziari dell’operazione?
Non sveliamo il valore della compravendita. Ma possiamo dire che il 75% dell’esborso è stato coperto in equity dai soci, mentre il 25% è debito bancario (in parte rifinanziamento di debito esistente).

E invece quali sono, finora, i risultati economici di Investfood?
Avendo acquisito catene in difficoltà, paragonare la crescita 2024 su 2025 sarebbe fuorviante. Ma se parliamo di margini, l’anno scorso si era chiuso con un Ebitda leggermente negativo, mentre nel 2025 sarà largamente positivo, a fronte di un giro d’affari di circa 30 milioni, cifra che non include l’apporto di Machapoké (stimato in circa 20 milioni).

A livello di consumi, come vanno i due prodotti di punti del gruppo, ossia il sushi e il pokè?
Il sushi è ormai una proposta consolidata nel panorama italiano e rappresenta la certezza del gruppo. Lo inserirei nel filone più ampio della cucina asiatica, fatta anche di piatti caldi come noodles, ravioli, riso, che ormai raccoglie una fetta fidelizzata di clienti. Il pokè invece si sta consolidando. Si potrebbe avere la sensazione che stia vivendo una fase di stanca, dopo l’entusiasmo iniziale, ma in realtà non è così. Sta solo crescendo più piano rispetto agli anni precedenti.

Per quanto riguarda la gestione dei punti vendita, proseguite con la strada “diretta”?
Sì, al momento non è previsto il franchising.

Avete raggiunto una dimensione tale da attirare l’attenzione di qualche potenziale socio finanziario. Vi preparate ad aprire il capitale?
No, non abbiamo fatto l’operazione Machapokè per questo. Anzi, ci sentiamo una via di mezzo singolare, poiché i soci riescono a erogare capitale con la forza di un soggetto finanziario, ma conservando un’ottica del tutto industriale.

Fonte: retailfood.it

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