Kiko, la ristrutturazione è finita. Ora si apre la fase di espansione

Si va «avanti. Non demordiamo». Cristina Scocchia ha tenuto nei giorni scorsi il consiglio di amministrazione per l’approvazione dei risultati 2019 e del nuovo piano triennale di Kiko, la società di cosmetica che fa capo alla famiglia Percassi e al fondo Peninsula. Un Cda nel pieno dell’emergenza Coronavirus. Eppure, appena uscita dalla riunione, l’amministratrice delegata dice che «i nostri piani non cambiano». Nonostante il business plan si basi «su due obiettivi fondamentali: il primo è trasformare questa azienda da europea a vero player globale; il secondo bilanciare i canali di vendita in un’azienda che era esclusivamente retail».

Per far diventare globale Kiko, la manager, chiamata da Antonio Percassi due anni fa, ha firmato lo scorso anno 7 nuovi accordi di franchising (dalla Russia all’Arabia Saudita, alla Grecia e Bulgaria). Ha investito in marketing e innovazione portando quest’ultima a pesare il 24% dei ricavi (dal 17% di due anni fa). E soprattutto ha puntato con decisione in Asia. Lasciando invece (almeno per il momento) il mercato americano, servito oggi tramite il web e al cui reingresso fisico si penserà più avanti. Una strategia che le ha dato ragione, visto che il fatturato in Asia si è triplicato in due anni. Un’area, però, che adesso è il centro dell’epidemia che sta colpendo il mondo.

«È ovvio — dice Scocchia — che per un’azienda che come noi che ha deciso di puntare tanto sull’Asia il coronavirus sia una grande preoccupazione, abbiamo perso una decina di milioni di ordini nei primi due mesi di quest’anno, e non sono pochi per un’azienda della nostra taglia. Ma sono ottimista: spero che l’epidemia rallenti, se non addirittura si fermi nei prossimi uno-due mesi, almeno a sentire quello che dicono gli epidemiologi. L’impatto sull’economia — aggiunge — sarà più lungo, con effetti che andranno oltre quelli dell’emergenza sanitaria, ma ritengo quella della Cina una crisi transitoria e mi auguro che nel secondo semestre si torni ovunque alla normalità». Ecco perché Kiko «continuerà a espandersi nel sud est asiatico e a investire molto sulla Cina».

Scocchia è arrivata in Kiko (proveniente da L’Oréal) in un momento difficile per la società bergamasca che, dopo il grande successo, viveva una crisi grave. «Il 2019 è stato un anno molto importante — sottolinea — perché i risultati positivi seguono quelli già ottenuti nel 2018 e, dunque, confermano che la strategia che abbiamo impostato è giusta». Nel 2019 il margine operativo lordo (Ebitda) è aumentato del 38% arrivando a 58 milioni di euro, il doppio del 2017 e «ben al di sopra del piano industriale. Un dato che deriva, certamente, anche dal taglio dei costi, ma in minima parte — dice Scocchia —. Infatti, il numero per me più significativo è che le vendite di Kiko nel 2019 sono cresciute del 3,2% a perimetro costante, nonostante il retail sia in forte contrazione in tutti i settori, non solo nella cosmetica. Essere in controtendenza e aumentare la nostra quota di mercato ci rassicura nella direzione che abbiamo intrapreso». Quanto all’ecommerce ha superato i 50 milioni arrivando a pesare il 7,2% delle vendite totali (pari a circa 700 milioni di euro lo scorso anno).

Con il 2019 «la fase della ristrutturazione e rilancio è finita, adesso possiamo passare alla fase espansiva, di crescita dell’azienda». Il piano 2020-2022 approvato dal consiglio prevede di raddoppiare l’Ebitda con una strategia che «è di assoluta continuità con la precedente. Se le strategie si sono rivelate vincenti non c’è ragione per cambiarle. Il primo pilastro — racconta — sono i forti investimenti in innovazione: di prodotto ma anche di marketing. Il secondo pilastro, è continuare nella diversificazione geografica, con nuove aperture in Medio Oriente e in Asia. Terzo, accelerare nel franchising con l’obiettivo di aggiungere almeno altri 15-20 nuovi mercati entro il 2022, che ci porteranno a superare la soglia psicologica dei 40 Paesi in cui essere presenti e ad avere altri 180-200 punti vendita nel triennio, oltre agli 80 che prevediamo di aprire direttamente. Quarto, completare il processo di digitalizzazione dell’azienda, investendo soprattutto nella multicanalità».

D’altra parte oggi le consumatrici arrivano in negozio portando con sé la foto vista su Instagram per acquistare i prodotti che replichino quel look. «Abbiamo lavorato su quella che chiamiamo “ispirazione realistica”, ovvero look che siano facilmente ricreabili dalle clienti, piuttosto che non su make up artistici, ma molto difficili da ottenere da soli». Anche perché l’abitudine al selfie ha spinto le persone ad avere una maggior cura del proprio aspetto. Se tra i prodotti «stiamo assistendo a una forte crescita di tutto il comparto labbra — dai rossetti ai lucidalabbra — secondo un trend partito dalla Cina e divenuto globale, anche i fondotinta che prima erano relegati alle occasioni speciali oggi sono diventati di uso quotidiano». Per essere sempre pronti al click.

Un bilancio personale di questi due anni? «Sono stati due anni di rapida e intensa trasformazione dell’azienda volti ad aumentarne l’efficacia organizzativa e finanziaria. Era una cura necessaria per poter ripartire e i risultati di oggi lo confermano. Con le aperture di negozi previste, tra le nostre dirette e quelle in franchising, torniamo a generare nuovi posti di lavoro e questo è possibile grazie al fatto che il nostro Ebitda è cresciuto non solo grazie all’efficientamento ma anche agli investimenti fatti. Siamo orgogliosi di essere un’azienda italiana che nonostante le difficoltà incontrate è riuscita a rilanciarsi e a conquistare posizioni, diventando un player globale. Siamo davvero una multinazionale e non tascabile. Noi italiani siamo un popolo che vive spesso momenti complessi ma che non si arrende».

Fonte: corriere.it

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