Nexi cala l’asso dell’open banking

Trasformare l’open banking da una scocciatura normativa a “un’opportunità di business”, per permettere agli istituti di credito a rispettare la direttiva europea sui pagamenti digitali (la Psd2) senza rosicchiare i propri margini di guadagno. Nexi Open è “l’ecosistema di servizi” lanciato dalla fintech italiana per sostenere le banche partner nella trasformazione digitale: “Aiutiamo a sfruttare l’open banking per lanciare nuovi strumenti o per fare in maniera nuova, più facile e veloce cose che già si facevano”, spiega Roberto Catanzaro direttore Business development di Nexi.

Perché le banche hanno bisogno di una mano nella transizione digitale?
“È molto difficile pensare di poter essere competitivi e fare delle cose altamente innovative, che siano capaci di conquistare il mercato, facendo tutto in casa e lavorando da soli. Nexi Open mette a disposizione un ecosistema di servizi fintech per portare alle banche italiane un range molto ampio di servizi e idee chiavi in mano”.

Cosa fa Nexi per sviluppare questo ecosistema?
“Noi siamo l’elemento aggregante. Facciamo tre cose: sviluppiamo alcuni di questi servizi in casa; facciamo un’attività di scouting tra le fintech per distinguere chi ha più o meno potenziale; investiamo in chi fa accelerazione o incubazione di nuove realtà per costruire la next-generation di questi servizi. Le realtà italiane interessanti le facciamo crescere, quelle internazionali cerchiamo di portarle in Italia”.

Ci fa un esempio di cosa si può trovare in Nexi Open?
“Uno dei problemi delle banche, che sarà molto più rilevante nel mondo post Covid-19, è come fare credito a un soggetto che si conosce poco e che si presenta in filiale per un prestito. Noi lavoriamo con delle fintech, come Credit Kudos, che permettono di fare una cosa banalissima: prendere dai conti correnti di banche diverse tutte le informazioni precedenti su una determinata persona. Viene fatta una valutazione creditizia approfondita che in pochi minuti permette di conoscere un cliente mai visto prima come se frequentasse la filiale da sei mesi o un anno”.

Che impatto potrebbe avere una soluzione del genere sui margini di una banca?
“Le banche che si sentono di rischiare qualcosa in più possono utilizzare uno strumento di questo tipo per attirare un cliente nuovo. Un istituto di credito potrebbe raddoppiare la sua capacità di acquisizione dei nuovi clienti…”

Quando sarà pronta la piattaforma di Nexi Open?
“Stiamo già lavorando con alcune banche. Per ora abbiamo contrattualizzato 20 partner. Stiamo discutendo con diverse aziende italiane, non parlerei solo di startup, anche se il primo lotto di partnership è per la maggior parte con imprese straniere. Nexi Open è già vivo, ora siamo concentrati per avviare i progetti e le strategie”.

Qual è il target di banca a cui si rivolge Nexi Open?
“La bellezza dell’open banking è la sua trasversalità. Noi stiamo lavorando su verticali che coprono tutte le diverse nature delle banche per offrire soluzioni che siano coerenti con le rispettive strategie: da chi è focalizzato sulla gestione del risparmio mi aspetto determinati prodotti; dalle banche più radicate sul credito alle pmi altro e così via. Abbiamo quindi sviluppato una decina di verticali che riguardano investimenti, credito, gestione del risparmio, pagamenti: ogni banca può scegliere i suoi ambiti che sono coerenti”.

Ci sono differenze comportamentale tra banche più o meno grandi?
“La differenza non è il cosa, ma il come. Una banca grande si fa dare qualche algoritmo e poi gestisce tutto internamente. Una banca più piccola, invece, può farsi dare chiavi in mano tutto il pacchetto, dal software ai servizi”.

Nexi ha un osservatorio privilegiato sul mondo delle startup, oltre allo scouting è partner a Milano di Plug and Play. Come sta il fintech italiano?
“È una realtà che sta crescendo molto bene. La grande differenza tra l’Italia e l’estero è nel rapporto con le banche: in Italia ci sono tante fintech che vogliono fare concorrenza alle banche, mentre nelle realtà internazionali si sta capendo che la cosa principale è trovare clienti. E clienti, che ci piaccia o no, ce li hanno ancora le banche: meglio collaborare, trovare i servizi da vendere alle banche e fare scala più facilmente. Invece in Italia si vuol competere troppo con il mondo bancario e questo rende tutto più difficile perché richiede soprattutto più soldi. Bisogna abbandonare l’idea di far concorrenza alle banche, uscire dalla logica del piccolo è bello e fare sistema in maniera più strutturata”.

Fonte: wired.it

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