Patagonia si espande in Italia

Ryan Gellert è da pochi giorni general manager per l’Europa di Patagonia, colosso americano dello sportswear.

Una priorità sarà sviluppare il mercato italiano, secondo in Europa dopo la Francia, lavorando sulla distribuzione wholesale, sui monomarca e sull’e-commerce, senza dimenticare le peculiarità dell’Italia e il suo legame con la moda: persino quando si parla di abbigliamento sportivo e molto tecnico la parte stilistica è importante.

“In Europa abbiamo 24 dei nostri 68 negozi totali e l’obiettivo è di aprirne almeno altri 5 entro due anni, cercando però con molta cura le location – spiega Gellert –. Alcuni dei monobrand oggi si trovano nei centri urbani, come Milano, Monaco e Dublino, altri in località di villeggiatura: Chamonix in Francia o San Sebastian, in Spagna, dove i best seller sono le collezioni da surf e le mute, sia da donna sia da uomo”.

L’Italia per Patagonia – azienda fondata nel 1973 dal climber di origini franco-canadesi Yvon Chouinard – è il secondo mercato in Europa e Gellert pensa che abbia grandi potenzialità. La forza del marchio americano è legata, oltre alla qualità dei prodotti per i vari sport (sci, climbing, surf, trekking e attività outdoor in generale) alla reputazione di azienda attenta, quasi ossessionata, dalla sostenibilità sociale e ambientale. Temi sui quali in Europa si pensa – erroneamente, secondo il manager americano – di essere “arretrati” rispetto agli Stati Uniti. «A volte credo che gli europei siano dieci anni avanti rispetto agli americani su molte questioni ambientali e questo vale anche e forse in particolare per la sensibilità dei clienti Patagonia. Quello che dobbiamo fare, nei prossimi mesi, è impostare meglio la comunicazione, online e offline, di tutto quello che l’azienda fa, da decenni, per l’ambiente e per limitare al minimo l’impatto negativo che le sue attività industriali hanno in tutti i Paesi in cui opera e per favorire invece ogni iniziativa che abbia un effetto positivo sull’ambiente»..

L’azienda investe, come venture capital, in start up con progetti legati alla sostenibilità in senso generale (un esempio è Yerdle, che ha inventato un software per lo scambio e il riciclo di prodotti usati). «Abbiamo poi una partecipazione in una start up svizzera che lavora sui prodotti tessili organici: nel 1996 fummo i primi a lanciare prodotti fatti solo con cotone per il quale non vengono utilizzati pesticidi. La strada è questa e possiamo percorrerla con altre aziende, anche italiane», conclude Gellert.

Tratto da moda24

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