Pedroni: “Il futuro passa da digitale, click&collect e store di vicinato”

“Il cambiamento ci sarà su tre assi: digitalizzazione del punto vendita, sia per quanto riguarda sistemi di click&collect, che per soluzioni che semplificano e rendono più sicura la spesa; offerta commerciale rifocalizzata sui nuovi bisogni che stanno emergendo da questa crisi e che in buona parte resteranno; ridisegno della presenza distributiva più focalizzata sul vicinato, ridimensionamento e soprattutto cambiamento interno delle grandi strutture di vendita”.

Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, 1151 punti vendita, 58900 dipendenti, 14,7 miliardi di euro di fatturato (2018), entra subito nel vivo della Fase 2. Consapevole che dopo due mesi di lockdown il presente e il futuro di Coop non saranno più come prima. La rivoluzione è in atto nel modo di gestire il punto vendita – dispositivi di sicurezza, distanziamento sociale, approvvigionamenti – e di riflesso nel modo di interagire con i clienti, soprattutto per la dirompente pervasività del digitale che spinge le insegne della Gdo a stare al passo con le nuove e pressanti richieste che arrivano dal mercato.

Partiamo da qui: tecnologie, spazi e nuovi servizi. Sono queste le parole chiave su cui un’insegna deve investire? In che modo ci investirà nei prossimi anni? Secondo Coop, in che modo gli store fisici dovranno essere riprogettati?
“La crisi da Covid 19 sta cambiando profondamente le persone e dovrà cambiare anche la distribuzione. Gli store fisici rimarranno fondamentali, anzi acquisterà ancora più importanza il negozio che innoverà meglio il proprio layout, la propria offerta i propri servizi. Chi resterà fermo perderà molte posizioni. Cambiare vuol dire anche rischiare, ma sono convinto che il cambiamento debba avvenire su tre assi: la digitalizzazione del punto vendita, sia per quanto riguarda sistemi di click&collect, che per soluzioni che semplificano e rendono più sicura la spesa; in secondo luogo con un’offerta commerciale rifocalizzata sui nuovi bisogni che stanno emergendo da questa crisi e che in buona parte resteranno; in terzo luogo con un ridisegno della presenza distributiva più focalizzata sul vicinato, un ridimensionamento e soprattutto un cambiamento interno delle grandi strutture di vendita”.

Il Covid-19 ci ha imposto tante costrizioni a cui bisogna far fronte con risposte nell’immediato (es sicurezza/distanze/organizzazione del personale). Costrizioni che hanno imposto alle insegne della GDO di rivedere la gestione del proprio business nell’immediato. Più difficile è capire come cambierà il modello di business post-pandemia nel medio-lungo periodo: quali sono le previsioni di Coop?
“Il modello di business si sta già evolvendo verso un’offerta più mirata ai bisogni importanti, alla sicurezza e alla convenienza della spesa; ci sarà meno spazio per mode e novità passeggere, più focus su assortimenti di sostanza, con un tratto forte di attenzione alla salute e all’ambiente. Il ruolo della MDD che in Italia è storicamente più debole che negli altri paesi europei, crescerà molto. Coop ha una sua marca, il Prodotto Coop, che da sempre è all’avanguardia per qualità, sostenibilità e sicurezza; punteremo molto su questo. Qualcuno sostiene che ci sarà una polarizzazione della domanda, da un lato acquisti di qualità a prezzi giusti e dall’altro crescita della fascia del prezzo più basso. Noi ci vogliamo muovere per tenere sempre insieme qualità, sicurezza e convenienza complessiva; è un complesso equilibrio in cui il Prodotto Coop riveste un ruolo strategico”.

Per quanto riguarda la geolocalizzazione dei punti vendita, si andrà verso una moltiplicazione di store più piccoli disseminati sul territorio? Oppure continueranno ad esistere i grandi centri commerciali o ipermercati? Se la risposta è positiva, come questi ultimi dovranno essere riprogettati?
“La spinta sarà verso store più di prossimità o vicinato, in parte più piccoli ma assolutamente moderni e con assortimenti completi. Le grandi strutture avranno un ruolo, ma quelle più esterne e collocate in grandi centri commerciali ridurranno le superfici e cambieranno maggiormente il modello di offerta. E’ una scommessa importante per non distruggere un patrimonio commerciale e immobiliare di assoluto rilievo”.

Il famoso termine omnichannel sarà sempre attuale? Oppure ci si orienterà maggiormente verso soluzioni interamente digitali?
“Che si usi il termine omnichannel o altri termini, la sostanza è che le strutture fisiche sono e saranno centrali, ma dovranno integrarsi con soluzioni online e con servizi digitali”.

In questi due mesi di lockdown quanto è aumentata la vostra percentuale di acquisti effettuati tramite e-commerce rispetto al pre-Covid? Quali sono stati i problemi che avete dovuto affrontare (se ci sono stati)? E come li avete risolti?
“Gli acquisti online di questi due mesi sono cresciuti a 3 cifre (circa +180%), ma restano relativamente piccoli in assoluto. E’ stata la capacità dell’offerta a limitare la crescita, mentre la domanda potenziale è stata molto più alta. Ma la cosa più importante è un’altra: molte famiglie hanno acquisito familiarità con gli acquisti online e questa è una esperienza che resta. In futuro saranno veramente pochi quelli che faranno acquisti di beni alimentari o di largo consumo solo sul web, ma saranno molto più numerose le persone che faranno qualche acquisto di questi beni sul web. Quindi bisogna dare una risposta che integri rete fisica e rete online. Il problema principale è che nel Food nessuno al mondo guadagna sulle consegne online, i costi della logistica sono molto alti (se si vuole pagare in regola le persone e se si adottano tutti i sistemi di sicurezza per le merci, come Coop fa). Anche per questo vanno sperimentate soluzioni più semplici ed efficienti; il click%collect da un lato o soluzioni di mutualità del servizio tra i consumatori dall’altro”.

Fonte: repubblica.it

Leave A Reply

Vuoi diventare socio

di Retail Institute Italy?