Ripartenza lenta per i centri commerciali

Durante il lockdown hanno subito una forte battuta d’arresto, ora sono in ripresa ma emerge sempre di più la necessità di un ripensamento del business per attrarre clientela. I centri commerciali di tutta Italia hanno vissuto un periodo di grande incertezza: durante l’ultima settimana di Fase 1, l’82% dei negozi che ospitano era chiuso, con solo il 27% di visitatori rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Persi quasi 3 clienti su 4.

Poi, con la progressiva riapertura a partire dal 18 maggio, la situazione è migliorata: durante la prima settimana le presenze registrate si sono attestate al 62,5% rispetto allo stesso periodo del 2019, dato che è cresciuto al 72,3% nella settimana seguente. Bene anche i consumi, soprattutto nella seconda settimana, con un aumento della spesa media per visitatore, degli acquisti e dello scontrino medio. A tracciare la fotografia è una ricerca di Cbre, società attiva nella consulenza immobiliare, su un campione di 40 centri su tutto il territorio nazionale.

Quello che emerge dal report è che nel centro commerciale ora si va per fare acquisti, non più – o non ancora – per la classica “vasca” del sabato pomeriggio, ovvero non per passeggiare, magari con la famiglia. Anche perché gli spazi “food court e entertainment” dove poter mangiare qualcosa e dove sono posizionati i tool di intrattenimento, non sono ancora tutti operativi.

Quello che si nota è un “atteggiamento ancora cauto nei confronti di luoghi potenzialmente affollati – spiega Franco Rinaldi, a capo del Property management di Cbre Italy – È inoltre probabile che in questa fase l’impatto delle famiglie sul conteggio delle presenze sia più contenuto: è possibile che, al momento, si preferisca ancora la frequentazione del centro commerciale da parte di un solo membro della famiglia per volta. Permangono inoltre limitazioni all’ingresso nei negozi”, conclude il manager.

Quella che serpeggia è una certa ritrosia a frequentare luoghi di ampie metrature, chiusi e spesso affollati. La stessa tendenza si nota ovviamente non solo nei centri commerciali ma anche in altri spazi con le stesse caratteristiche che, complice la bella stagione, non sono la prima scelta dove passare del tempo libero o fare acquisti. Si opta piuttosto per i luoghi all’aperto, ariosi.

I dati della ricerca di Cbre lo provano: i centri commerciali di maggiore dimensione hanno registrato i recuperi più contenuti, mentre la situazione migliora nei centri più piccoli. Ma soprattutto le affluenze più alte sono state raggiunte nei parchi commerciali, dove in questo momento gli spazi comuni all’aperto sono un’alternativa più rassicurante rispetto alle gallerie.

Anche geograficamente c’è una differenza sostanziale, che segue la diffusione della pandemia: le regioni del nord-ovest, dove si sono concentrati i principali focolai di coronavirus, hanno visto ripartenze più timide nella prima settimana di riapertura (55,9% di recupero di presenze). Meglio il nord-est (68,9%), seguito dal sud (66,8%) e dal centro Italia (58%).

Che cosa dovrebbero fare allora questi luoghi per essere più attrattivi? Un sondaggio di Cbre sottoposto a frequentatori assidui individua varie opzioni: il 75% vorrebbe maggiori sconti, il restante 25% si è diviso tra la richiesta di iniziative all’aria aperta (9,6%) e attività dedicate ai bambini (6,8%). Tutto torna, anche perché a crescere è la domanda del servizio click&collect (35%): la spesa la si fa a casa e la si ritira sul posto, diminuendo drasticamente i tempi di permanenza in negozio. E infatti è anche emersa la necessità di maggiori servizi di take away (21%) e food delivery (18%). Tutti suggerimenti e stimoli che potrebbero far ripensare allo spazio della food court, con più aree dedicate alla preparazione del cibo e al servizio da asporto.

Ovviamente i clienti si aspettano una costante pulizia e disinfezione degli ambienti (39,3%), la regolamentazione degli accessi (30,6%) e dispositivi di protezione per i clienti (22,8%). Ma anche l’introduzione da parte dei negozi di nuove modalità di pagamento (5,1%) veicolate dalla tecnologia.

Fonte: repubblica.it

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