Save the Duck tra approdo in Cile, sviluppo in Turchia, USA e Giappone e co-lab con Humana e Certilogo
Il brand italiano rinomato per i piumini 100% animal-free ha presentato nel proprio showroom di Milano “un progetto eco-sostenibile che costituisce la seconda puntata di quello che avevamo lanciato l’anno scorso e chiude il cerchio andando dal second hand al donate”, spiega a FashionNetwork.com Nicolas Bargi, CEO e fondatore di Save The Duck. In sostanza il marchio milanese ha implementato, sin dalla collezione Primavera-Estate 2024 in collaborazione con Certilogo, il passaporto digitale dei prodotti (Digital Product Passport) e ora vi aggiunge la funzione che consente di donare facilmente i capi pre-owned del brand attraverso la collaborazione con Humana People to People Italia.
“Per noi questo progetto è molto importante, in quanto l’economia circolare, di cui si parla tanto, è difficilmente messa in pratica davvero dai brand”, sostiene il CEO di Save the Duck. “Non è facile ragionare sul fine vita dei capi. Questo con Humana è forse il migliore progetto, dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente, per chiudere l’esistenza di un prodotto in modo professionale. Speriamo di essere esempio per tanti brand. Al progetto si aggiunge la collaborazione con Certilogo, un facilitatore pazzesco”, lo definisce Bargi, “perché completa il tema della tracciabilità con il Digital Product Passport. In due clic io, azienda, carico il prodotto e so subito come destino l’articolo, vale a dire se posso donarlo o utilizzarlo come capo di seconda mano, in quanto tutte le informazioni che lo riguardano si caricano automaticamente nella piattaforma. Una collaborazione a tre che sta in piedi perfettamente. E chiude il cerchio”. Certilogo fornisce infatti una piattaforma SaaS avanzata, basata sull’intelligenza artificiale, utilizzata da milioni di consumatori in tutto il mondo per verificare l’autenticità degli articoli che acquistano, accedere ai Digital Product Passport e a contenuti, informazioni sui prodotti e altri servizi offerti dai marchi. Con oltre 18 anni di esperienza, Certilogo ha connesso oltre 540 milioni di prodotti per più di 80 marchi di moda e di lusso e il suo servizio, disponibile in 10 lingue, è utilizzato da 1 utente ogni 4 secondi in oltre 180 nazioni.
Nel dettaglio, attraverso la scansione del QR code presente sull’etichetta all’interno dei capi Save The Duck, selezionando l’opzione “Dona a Humana People to People Italia” gli utenti potranno decidere di recarsi di persona presso uno dei punti vendita Humana Vintage e Humana People, dove un operatore scansionerà il codice QR, verificherà la donazione e accetterà l’articolo, che entrerà così nella filiera dell’organizzazione non profit, oppure – dopo aver generato un’etichetta di spedizione sul sito web di DHL – inviare il loro articolo all’impianto semiautomatico di selezione di Humana People to People Italia senza alcun costo. Questa organizzazione non profit è nata nel 1998 per generare valore sociale e ambientale, e si occupa di raccogliere, selezionare e vendere indumenti usati attraverso oltre 5.600 contenitori distribuiti in più di 1.200 comuni italiani e grazie alle numerose partnership con brand di abbigliamento. Al momento sono 18 i negozi fisici Humana Vintage e Humana People in cui acquistare capi pre-loved, cui s’affianca un e-shop. Humana Italia è membro della Federazione Internazionale Humana People to People, presente in 46 Paesi nel mondo.
A questo punto, DHL gestirà l’intero processo di spedizione e l’organizzazione non profit valuterà poi le condizioni dell’articolo, lo igienizzerà e deciderà se rivenderlo nei propri negozi in Italia ed Europa o donarlo alle consociate di Humana in Africa affinché venga commercializzato localmente. Humana People to People è presente in 46 Paesi nel mondo e questo permette di seguire tutte le fasi della filiera, garantendo un sistema realmente integrato e rendicontabile, che genera valore economico per finanziare progetti di sviluppo negli ambiti dell’istruzione, della salute, dell’agricoltura sostenibile e dello sviluppo comunitario.
“In pratica, i capi quasi a fine vita raccolti da Save the Duck finiscono a Humana, che a seconda delle loro condizioni decide se sono troppo deteriorati, e quindi può disassemblarli per creare nuovi articoli, oppure, se possono essere ripristinati, dopo averli disinfettati può donarli alle classi meno abbienti. Quindi sappiamo che quei capi non finiranno nel famigerato deserto di Atacama in Cile o nel desolante mercato di Kantamanto in Ghana”, conferma Nicolas Bargi.
A livello economico-commerciale, Save the Duck ha “avuto dei numeri inferiori alle previsioni sull’Europa, che è andata in flessione sia nel retail che nel wholesale, in particolare nel periodo dicembre-saldi. Questo ci proietterà a una chiusura dell’anno a 67 milioni di euro di turnover, rispetto ai 70 milioni prospettati”, puntualizza il CEO. “Confermate invece le attese sull’America, cresciuta del 25% anno su anno, e sul Giappone, che ha fatto +70% YoY, come da budget. Comunque vediamo una ripresa, soprattutto sulle vendite della Fall-Winter. Rispetto all’anno scorso – ovviamente anno di storno, e quindi di crisi – abbiamo un buon riscontro in Europa, con una Germania che sta ricomprando, l’Italia positiva, USA e Giappone sempre in forte crescita. Al contrario la Francia è ancora un po’ in difficoltà”.
Sul versante retail, Save the Duck, che oggi ha 82 dipendenti nell’headquarter a altrettanti in giro per il mondo tra filiali e negozi, guarda ad un consolidamento sull’Italia, “ovvero ad aprirvi 2-3 negozi, in particolare inaugurare un flagship a Milano ancora più importante di quello che già abbiamo in città”, rivela Bargi. “In più guardiamo alle possibili opportunità da cogliere in centri commerciali di fascia alta. Stiamo studiando poi un opening a Tokyo, dove l’anno scorso abbiamo costituito la società Save The Duck Japan Inc., in joint venture con Teijin Frontier K.K., che ha sede a Kita-ku (Osaka), partner con cui abbiamo aperto una cinquantina di pop-up, ma con il quale ora vogliamo consolidare il ramo shop”, spiega il CEO e founder, che lo scorso novembre ha rivelato l’obiettivo di portare la sua azienda a registrare un fatturato di 200 milioni di euro ad orizzonte 2029.
Inoltre un partner turco ha aperto 4 negozi Save the Duck negli ultimi due mesi e dovrebbe inaugurarne altri 2 nel 2025. “Quindi una Turchia che ci sta aiutando molto”, chiosa Nicolas Bargi, aggiungendo che “nell’ambito wholesale vantiamo circa 1.600 clienti e serviamo 42 nazioni. Il 70% del fatturato al momento lo realizziamo con America, Giappone, zona DACH e Italia. Tutti questi Paesi li vediamo abbastanza stabili o in crescita per la prossima stagione invernale. Infine stiamo entrando in una nuova nazione: il Cile; e stiamo valutando un partner diretto per diffonderci in nazioni limitrofe alla Russia, come il Kazakistan”.
Fonte: fashionnetwork.com