Terremoto e-commerce: le aziende scoprono il fenomeno D2C

Mai come in questo momento si parla di e-commerce e, sebbene più in sordina, nasce anche il fenomeno D2C (Direct to consumer). Che cosa significa? Un’azienda che non si limita a produrre un prodotto, ma sviluppa canali propri di distribuzione, che possono essere negozi, e-commerce, social media etc. un fenomeno largamente utilizzato nel fashion ancora ai nastri di partenza per il grocery. Ma il Covid19 ha dato un’accelerata e in quest’ultimo mese molte aziende hanno fatto di necessità virtù.

Il mercato non manca. Una recente ricerca negli States ha rivelato che, in questo periodo, il 65% degli acquirenti che utilizzano Amazon ha dichiarato di non poter ottenere tutto ciò che avevano ordinato (32,75%) mentre il 32,25% non è riuscito ad ordinare nulla di cui aveva davvero bisogno. Davanti ad articoli esauriti, il 40,55% di indomiti consumatori si è rivolto a un marchio meno familiare, quindi, per i marchi D2C, questo è stato un momento importante per concentrarsi sull’acquisizione e la fidelizzazione di clienti orfani, per un motivo o per l’altro, dei loro canali usuali. Negli Stati Uniti, anche molti grossisti (soprattutto dei freschi, come carne, pesce, ortofrutta) con la chiusura dei ristoranti hanno avviato un profittevole business con il delivery al cliente finale.

Quali sono i vantaggi del D2C per un brand? Intanto, la capacità di stabilire una relazione più stretta e più profonda con i propri clienti. Poi, la possibilità di immettere rapidamente i prodotti sul mercato, capitalizzando così sulle tendenze man mano che arrivano. Infine, avere il controllo completo sui prodotti del proprio marchio e sulla loro reputazione. Non necessariamente deve fare tutto da solo, molti stimoli arrivando anche da Amazon. Infatti, nel maggio 2017, ha invitato le aziende manifatturiere a un evento di tre giorni a Seattle per convincerli a diventare D2C e ad utilizzare il centro logistico di Amazon; lo stesso ha fatto più recentemente Walmart con la stessa formula e mettendo a disposizione il proprio centro e servizi logistici. Uno stimolo ulteriore è l’utilizzo di strumenti di marketing che, passando dai social media, sempre di più forniscono alle imprese opportunità per vendere direttamente.

Le categorie che crescono di più nel D2C, secondo 1010Data, negli Stati Uniti, sono gli integratori, il petcare/petfood e i detersivi cura tessuti e pulizia casa.
Gli integratori rappresentano la più grande categoria online, infatti, su $2,6 miliardi di vendite, il 25% sono via e-commerce.
Il petcare ha registrato una crescita su base annua del 67 % ed è la categoria in più rapida crescita tra i tre. In particolare, questa crescita è stata guidata da marchi che hanno un portafoglio ricco di prodotti naturali o bio. Mentre, i detersivi, per quanto siano una delle categorie più piccole, sono cresciute in modo significativo grazie alle offerte stock e alle formule in abbonamento.

Durante l’emergenza Covid, molti produttori food, privati dei naturali outlet di vendita (ristoranti, bar ma anche catene del non food) hanno attivato il canale e-commerce con risultati più che rilevanti. È il caso di Sodastream che ha visto incrementi a tripla cifra e anche quadrupla (nella settimana dal 10 al 16 aprile +1067% rispetto al 2019). Bindi, specialista nel dessert per la ristorazione, in USA ha aperto al cliente finale tramite vendita telefonica, utilizzando la propria flotta per le consegne a New York, parte del New Jersey e a Los Angeles, donando parte dei profitti alla James Beard Foundation Food and Beverage Relief Fund. L’italiana Granarolo, ha attivato il suo canale per Bologna, Modena e Milano, lo stesso ha fatto Coam, con le sue specialità ittiche con il sito salmone-selvaggio.it attivo in tutta Italia. Altri, che già avevano un canale e-commerce sono stati letteralmente presi d’assalto, al punto dal dover chiudere il canale per eccesso di domanda.

La sfida per il D2C? Riuscire a trattenere la nuova clientela, potenziando la comunicazione, inserendo maggiori elementi di contenuto e ovviamente avviando una logistica sinergica con quella b2b esistente.

Fonte: repubblica.it

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