Vino in Gdo, private label verso la crescita nel 2023

Se dici discount pensi, inevitabilmente, alle private label, che rappresentano il fulcro dell’offerta di questo canale, anche quando si tratta di vino. L’exploit delle bollicine low cost in Gdo nel 2022, come sottolineato recentemente, è trainata proprio dai discount, che nonostante abbiamo aumentato più del resto dei supermercati i prezzi a scaffale (dal 2019 a oggi, quasi l’11% secondo Uiv/Ismea), rimangono comunque i più competitivi, con un prezzo finale di 3,54 euro al litro. Una ricerca di convenienza, quella attualmente in atto, che può aprire ulteriori spazi per i prodotti a marchio delle tradizionali insegne della grande distribuzione, che in questo momento occupano una quota di mercato appena sotto il 21%, secondo l’ultimo Rapporto della Marca del Distributore realizzato da Iri.

“Come spesso succede nei periodi di forte incertezza economica si viene a creare una forbice nell’acquisto di beni non essenziali o di lusso sempre più evidente”, spiega a Pambianco Wine & Food Lorenzo Cafissi, responsabile vino Italia di Carrefour. “Questo vuol dire che anche i trend più impattanti, lo spumante in questo caso, risentono della necessità di seguire questa forbice aumentando l’offerta in un segmento che negli anni precedenti era stato un po’ abbandonato perché concentrato su altre tipologie”.

L’avanzata dell’inflazione con l’aumento del prezzo anche di prodotti come il Prosecco, ha lasciato spazio alle bollicine entry level che, a meno di grossi fenomeni deflativi, secondo Cafissi, saranno sempre più presenti in modo continuativo a scaffale. Un fenomeno confermato anche da Francesco Scarcelli, Responsabile Reparto Beverages di Coop Italia, al quale bisogna anche aggiungere una sorta di cambiamento culturale che ha portato alla definitiva destagionalizzazione del consumo delle bollicine. “I vini rossi, i cui consumi sono in calo, sono storicamente associati a un consumo a tavola con il cibo, non gli spumanti, che invece si prestano ad altre situazioni e sono molto amati dalle nuove generazioni”.

Uno scenario di mercato fluido, quindi, che potrebbe consentire alle private label del vino di avere maggiori opportunità di sviluppo. “Sicuramente”, conferma il manager di Carrefour. “Ricordiamoci che, nel vino, i brand riconoscibili sono pochi e quindi si può sentire ancora di più l’esigenza di comprare uno stesso prodotto/denominazione se è magari più conveniente”. L’insegna francese ha recentemente lanciato in Italia diverse nuove etichette proprio tra le bollicine: un Müller-Thurgau e uno Chardonnay che coprono la prima fascia, uno spumante in collaborazione con l’azienda campana Feudi San Gregorio per la fascia media e, infine, un nuovo Franciacorta Satèn della linea Terre d’Italia. “Certamente prevediamo nuovi sviluppi nel 2023”.

Anche Coop, a partire dal 2020, ha lanciato un’importante campagna sui prodotti a marchio che continuerà anche in futuro. “Nel vino abbiamo due marchi: Assieme, per il vino quotidiano che proviene dal mondo cooperativo, e Fior Fiore che rappresenta l’eccellenza attraverso una politica di co-branding con i produttori”, continua il manager di Coop Italia. In questo momento le 50 referenze del mondo del vino di Coop Italia hanno una quota di mercato pari all’8 per cento. “Se dovessimo raddoppiare le referenze, azione che abbiamo in programma, arriveremo al 15-16% di quota, che pensiamo sia la copertura massima per il vino”.

Una quota importante, ma comunque più bassa rispetto a quella che occupa la marca del distributore all’interno di altre categorie merceologiche. Nel vino, d’altronde, la riconoscibilità del produttore, oltre che della denominazione, non è un fattore secondario e sembra far propendere le insegne della Gdo verso soluzioni ibride, di co-branding, più che verso private label tout court, come nel caso dei discount.

Fonte: pambianconews.com 

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