Le aziende beauty e le strategie green, il profitto è a fin di bene

Era il 2007 quando Jacques Rocher lanciò l’iniziativa Piantiamo per il Pianeta. In quello stesso anno incontrò Wangari Maathai, un triennio prima insignita del premio Nobel per la Pace per il suo contributo allo sviluppo sostenibile. Il movimento da lei fondato – Green Belt Movement – fu tra i primi a parlare di disboscamento: grazie all’attenzione suscitata furono piantati 51 milioni di alberi in Kenya. Un albero significa anche combattere la desertificazione, l’erosione del terreno e sostenere la biodiversità. L’incontro tra Rocher e Maathai nasceva proprio da questo comune desiderio: tanto che la Fondazione Yves Rocher da allora ha fatto mettere radici a 100 milioni di alberi.

Quest’anno a questo ambizioso programma – aggiungerne altri 35 milioni entro il 2025 – si unisce Yves Rocher Italia con il progetto Agri.Bio.S.A. (Agricoltura per la Biodiversità e la Sostenibilità Ambientale) che prevede la piantumazione di 10 mila alberi in Italia. È uno degli esempi dell’impegno dei grandi marchi beauty, come Guerlain, Clarins, Garnier, Pierre Fabre, L’Oréal Paris, Nivea, per la salvaguardia dell’ambiente.

Tra i progetti più importanti c’è quello di Guerlain, che con Women for Bees si unisce all’Unesco e sponsorizza il programma imprenditoriale per le donne nel campo dell’apicoltura, settore vitale e importantissimo per la conservazione stessa della vita sul nostro Pianeta. Corsi di 30 giorni (dal 21 giugno) per un empowerment al femminile in cui ciascuna delle 50 partecipanti acquisirà competenze teoriche e pratiche di base, inclusa la gestione di un apiario professionale.

Entro il 2025 verranno costruiti 2.500 alveari all’interno di 25 riserve della biosfera Unesco con l’obiettivo di raggiungere un ripopolamento di 125 milioni di api. Madrina del progetto è Angelina Jolie: “Non vedo l’ora di incontrare le partecipanti di Women for Bees, donne che arrivano da tutto il mondo, per saperne di più su di loro, sulla loro cultura e sul loro ambiente e sul ruolo ricoperto, in questo campo, dalle api”, ha detto l’attrice, da sempre impegnata in campo sociale. “Mi auguro che la formazione possa fortificare la loro indipedenza e migliorare le loro condizioni di vita e quelle delle comunità”.

Una strada che è imperativo imboccare, come ha detto il Ceo di L’Oréal, Jean-Paul Agon, alla presentazione, lo scorso anno, del piano per il futuro che ha l’obiettivo di raggiungere l’utilizzo del 100 per cento di energie rinnovabili: “L’emergenza Coronavirus e la crisi sanitaria hanno messo in evidenza quanto possa essere devastante una crisi sistemica globale. Anche l’emergenza climatica che si profila rischia di essere devastante per il Pianeta se non interveniamo. È urgente. Ci restano solo dieci anni per fare quello che serve: il tempo stringe”. Tra l’altro l’Oréal ha stanziato 150 milioni di euro a sostegno delle donne vulnerabili e della protezione dell’ambiente proprio per la rigenerazione della biodiversità.

Le iniziative si sono moltiplicate negli ultimi anni. Grazie al suo impegno Garnier è uno dei pochi marchi a grandissima diffusione che ha ottenuto l’approvazione di Cruelty Free International, riconoscimento assegnato a chi ha rinunciato alla pratica eticamente discutibile di sperimentare sugli animali i propri prodotti.

Clarins con il suo Domaine Clarins, 80 mila ettari nelle Alpi francesi, coltiva – in linea con i criteri bio – 20 tra le piante usate nei suoi prodotti con l’obiettivo di accrescerne sempre di più il numero.

Anche Nivea, proprio qui in Italia, ha deciso di intervenire creando il Bosco Nivea, seimila metri quadrati nel Parco del Ticino e nella Riserva Naturale dell’Aniene.

Pierre Fabre ha decisamente preso una direzione ecogreen: prodotti a base di principi attivi naturali – dei quali l’84 per cento è eco-concepito – la protezione di 350 specie della flora a rischio di estinzione che, insieme ad altre 650 varietà, sono conservate all’Institut Botanique Pierre Fabre, che custodisce anche una collezione di 15.600 campioni, vale a dire la più importante raccolta botanica privata al mondo.

Sono tutti programmi che dimostrano come il mondo del beauty abbia preso a cuore l’impegno sociale e ambientale. “Questo tipo di iniziative mi sembrano non solo fondamentali, ma anche indispensabili perché si cambi l’atteggiamento verso la Terra, l’ambiente e la natura. Tra l’altro si tratta di progetti nati in un ambito, quello della cosmesi, che di solito i consumatori associano a un approccio più leggero”, dice Silvia Peppoloni, segretaria generale e fondatrice della IAPG (International Association for Promoting Geoethics), ricercatrice all’Istituto di geofisica e vulcanologia, autrice del saggio Geoetica. Manifesto per un’etica della responsabilità verso la Terra (appena uscito per Donzelli, 224 pagine, 18 euro) e curatrice del volume Pianeta Terra edito da ReWriters, che uscirà a maggio. “Si tratta di un’attenzione diversa dal punto di vista della sostenibilità ma anche dal punto di vista etico: per salvaguardare le api e gli alberi ma anche per non usare gli animali nelle sperimentazioni. In qualche modo c’è anche una convenienza”, continua Silvia Peppoloni, “perché la sensibilità su questi temi sta aumentando e chi ha sviluppato una nuova consapevolezza privilegia prodotti di aziende che seguono pratiche corrette. La chiave consiste proprio in questo: rendere la sostenibilità anche vantaggiosa dal punto di vista economico e sociale, facilitando il cambiamento verso soluzioni pratiche al problema del clima sul nostro Pianeta”.

Fonte: repubblica.it

Vuoi diventare socio

di Retail Institute Italy?