Dal riso al formaggio, modelli di sostenibilità che aiutano l’impresa

Il caro bollette ha portato sotto gli occhi di tutti quello che fino a qualche anno fa era chiaro ancora a pochi: che gli investimenti per la sostenibilità ambientale prima o poi ripagano anche sotto il profilo economico. Dalla chimica all’agroalimentare, chi ha investito per tempo nell’efficientamento degli impianti o dei processi produttivi sta risentendo oggi meno di altri dell’aumento dei costi dell’energia. Ma come dice Riccardo Preve, ceo della Riso Gallo, «la riduzione dei consumi energetici oggi è il minimo». Per le aziende che hanno scelto di provare a coniugare la sostenibilità ambientale con quella sociale ed economica, la vera sfida oggi è passare al setaccio l’intera filiera. Che è quella del riso, nel caso della Riso Gallo di Robbio Lomellina, nel cuore del Pavese, o del Grana Padano nel caso della Ferrari Formaggi di Ossago Lodigiano.

Alla Riso Gallo i risultati di almeno quattro anni di lavoro per sviluppare la “Carta del Riso” spuntano ora sugli scaffali degli alimentari: quasi il 30% dei 50 milioni di confezioni vendute ogni anno da una delle più grandi industrie risiere d’Europa oggi è prodotta secondo protocolli di agricoltura sostenibile. Il marchio di filiera controllata garantisce metà della produzione complessiva di Arborio, Roma e Carnaroli e l’intera produzione di riso Nero, Rosso e Basmati. «Abbiamo iniziato a lavorare alla Carta del Riso quattro anni fa con le prime 14 aziende agricole, che abbiamo affiancato passo dopo passo perché fossero certificate secondo il protocollo Farmer Sustainability Assessment (FSA) – spiega l’amministratore delegato Riccardo Preve -. Oggi sono diventate 150 e condividono con noi 8 regole per una risicoltura sostenibile».

Dall’uso di sementi italiane certificate al divieto di glifosato all’impegno a contenere gli agrofarmaci. Il Riso Gallo sottovuoto è l’unico in Italia con la confezione in plastica interamente riciclabile, e in collaborazione con l’Università Statale di Milano studia per ridurre le emissioni di gas serra in risaia. «La criticità? Che tutto questo richiede tempo, perché un conto è parlare di sostenibilità ma poi bisogna farla, e far quadrare tutto».

Sulla stessa lunghezza d’onda Laura Ferrari, presidente della Ferrari Formaggi di Ossago Lodigiano: «La sostenibilità è sempre più il driver di scelta che orienta ricerca e investimenti». L’azienda è impegnata su vari fronti che spaziano dall’autoproduzione di energia (che oggi copre il 15% del fabbisogno, con investimenti programmati per salire al 30%) alla tracciabilità della filiera, ai progetti per la riduzione degli sprechi di cibo, per esempio la partecipazione alla Fondazione Casa della Comunità attiva nel Lodigiano per la distribuzione solidale del cibo invenduto. E al centro della ricerca oggi c’è spesso il packaging, nemico o alleato a seconda dei punti di vista, con la Plastic Tax (per ora rinviata) che avrebbe colpito indiscriminatamente anche le produzioni che oggi non hanno alternative alla plastica vergine per il confezionamento: «Anche se dagli studi emerge che oggi il packaging incide solo per il 3% sull’impatto complessivo della filiera di produzione di un pezzo di grana padano, continuiamo a lavorare per trovare materiali più sostenibili – continua Laura Ferrari -. Abbiamo sempre evitato l’over packaging e tutti gli incarti non funzionali alla buona conservazione. Dal 2020 abbiamo iniziato un progetto di ricerca con il Dipartimento Defens della Statale di Milano grazie al quale entro quest’anno tutte le confezioni di formaggio in pezzi a marchio Ferrari saranno riciclabili e non solo smaltibili nella plastica».

Niente da fare invece per le pellicole compostabili: «I materiali disponibili oggi sul mercato non garantiscono una protezione adeguata a prodotti freschi come i formaggi: di fatto, per ridurre l’impatto del confezionamento rischieremmo di generare un danno maggiore, aumentando lo spreco di cibo».

Fonte: ilsole24ore.com 

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