Il presente e il futuro del mercato del lavoro secondo Adecco

Come sta cambiano il mercato del lavoro, quali le competenze più cercate, il valore della formazione fino al corretto engagement nel recruitment

Le grandi dimissioni di massa (great resignation), il totale abbandono di interesse per il proprio lavoro (quiet quitting), la ricerca di flessibilità, le nuove generazioni spesso non disponibili agli standard di mercato. E ancora il peso delle remunerazioni troppo basse, il cambio repentino delle competenze richieste. E all’orizzonte l’intelligenza artificiale che promette di cambiare molte dinamiche. Tante sfide e interrogativi che attendono risposte. Ma come sta reagendo il mercato del lavoro? Mark Up ha incontrato Massimiliano Medri, managing director Adecco Italia, presenza italiana di The Adecco Group, azienda multinazionale per la ricerca e selezione del personale.

Soprattutto dopo il Covid, il mercato del lavoro vive una fase di transizione. Dal vostro osservatorio cosa state riscontrando?
Sebbene l’andamento del mercato del lavoro sia dinamico e i dati Istat confermino il trend di riduzione dei disoccupati, è possibile vedere alcune scollature importanti: molti settori faticano a trovare i lavoratori e il numero dei NEET è sempre fra i più alti in Europa.
Questo impone quindi a tutte le aziende di rafforzare e accelerare le riflessioni su come trattenere e valorizzare i talenti, diventando al contempo maggiormente attrattive. Le imprese devono investire per migliorare il work-life balance, ossia l’equilibrio tra lavoro e vita privata e portare avanti confronti costruttivi con i propri dipendenti, riconoscendone il talento e premiandolo: in questo senso, le strategie di fidelizzazione devono essere la priorità assoluta. Al contempo, è fondamentale portare avanti percorsi di formazione, di upskilling e reskilling, per garantire continuità alla carriera professionale di ciascuno e ridare al lavoro uno scopo chiaro e condiviso.

In Italia la discussione sulla rigidità del mercato del lavoro è senza fine. Secondo lei quali interventi sarebbero realmente necessari per favorire l’occupazione senza far esplodere la precarietà?
La discussione su questo tema è necessaria, perché strumenti come il Decreto Dignità, che stiamo lentamente superando, hanno avuto in realtà impatti negativi, creando maggiore precarietà. Dal nostro punto di vista ogni intervento sul mondo del lavoro deve avere come obiettivo cardine quello di promuovere l’occupazione e l’occupabilità delle persone. Proprio per questo devono essere centrali le politiche attive del lavoro e gli interventi sulla formazione scolastica: contrastando lo skill mismatch sarà possibile ridurre gli abbandoni scolastici e il numero dei NEET. Mondo della formazione e mondo del lavoro devono dialogare costantemente per permettere alle persone di realizzarsi nel percorso che hanno scelto.

La questione dei salari. Se si richiede alta flessibilità, occorre pagarla molto bene. Ma in Italia le remunerazioni sono troppo basse. Dal suo punto di vista, come si aggredisce questo problema?
Il problema delle remunerazioni è stato evidenziato ulteriormente dall’aumento dell’inflazione, secondo la nostra ricerca Global Workforce of the Future, infatti, il 61% dei dipendenti ritiene che il proprio salario non sia sufficiente per affrontare l’aumento dei prezzi dettato dall’inflazione. Il taglio delle tasse in discussione è sicuramente un primo importante passo in questa direzione. È importante tuttavia continuare a evidenziare l’importanza della formazione in itinere, perché così i lavoratori potranno avere la chiara percezione di una crescita professionale atta a migliorare le loro condizioni.

Negli ultimi tempi, le imprese italiane cosa vi chiedono? Quali i settori più richiedenti?
Sono diversi i settori con cui collaboriamo in cui c’è una forte necessità di lavoratori, per fare alcuni esempi: il settore del turismo e dei trasporti, quello della logistica, il metalmeccanico, telecomunicazioni e fashion. I profili sono chiaramente differenti, ma in tutti si denota la difficoltà nel trovare profili tecnici specializzati. In particolar modo sono richieste competenze legate all’Industria 4.0, linguistiche e digitali, dalle più semplici come il pacchetto Office a più complesse come la capacità di programmare.

Oggi l’offerta non incontra la domanda in quanto le competenze disponibili non sono quelle richieste. Dalla vostra esperienza, quali azioni sono necessarie per raccordare le due parti? E nel concreto Adecco cosa sta facendo?
Adecco è impegnata su tutto il territorio nazionale per favorire il rapporto fra le aziende e chi cerca lavoro. Le attività che facciamo sono molteplici: dalle Academy aziendali, corsi professionalizzanti su specifiche competenze atti all’assunzione dei dipendenti; all’orientamento scolastico, attività in collaborazione con le scuole che, nel 2023, ci porteranno ad assumere come Adecco più di 500 giovani.
Come Adecco, poi, utilizziamo in maniera sempre più strutturata lo strumento dei contratti a tempo indeterminato di lavoratori in somministrazione. Ovvero lavoratori assunti a tempo indeterminato da Adecco che vengono di volta in volta impiegati nei contesti lavorativi che lo richiedono. L’aspetto più rilevante dei contratti a Tempo Indeterminato con Adecco è quello di avere un vantaggio competitivo dal punto di vista dell’occupabilità rispetto ai professionisti assunti direttamente dalle aziende. Un lavoratore assunto a tempo indeterminato con Adecco viene messo nelle condizioni per lavorare sulla sua occupabilità anche per essere pronto ad affrontare le sfide future del mercato del lavoro. Ad esempio, di recente abbiamo lanciato PAC – Premio Adecco per le Competenze, che mette a disposizione dei lavoratori un incentivo economico di 100 euro in busta paga per ogni percorso formativo portato a termine con successo entro fine 2023.

Se la formazione è la chiave per entrare in azienda, poi l’azienda deve riuscire a trattenere le risorse umane formate. Come? E dal suo punto di vista quanto pesa la carta del welfare aziendale?
Il welfare aziendale è fondamentale ed è uno degli strumenti principali per trattenere e valorizzare i talenti. La ricerca di Adecco Global Workforce of The Future ha proprio evidenziato che il 75% dei lavoratori cerca aziende in cui i datori di lavoro si dimostrano interessati al benessere sul posto di lavoro. Gli strumenti devono necessariamente partire da un ascolto concreto dei bisogni dei dipendenti. Flessibilità e smart working sono sicuramente aspetti sempre più centrali e diffusi. A questo bisogna associare anche la prospettiva di carriere: capita spesso, infatti, che i dipendenti decidano di cambiare lavoro proprio perché non gli viene data la visibilità sulla crescita che possono avere.

Dal vostro osservatorio, quali tipi di competenze saranno premiate dal mercato nei prossimi anni?
Sicuramente saranno fondamentali le competenze legate all’Industria 4.0 e quelle relative alla digitalizzazione. Ma dobbiamo essere pronti per cogliere le opportunità della trasformazione che il mercato del lavoro sta affrontando. Il percorso di transizione verso processi più sostenibili, ad esempio, implicherà importanti riconversioni industriali, mettendo in certi casi fine ad alcune funzioni a vantaggio di nuove mansioni e nuove produzioni. Il risultato, secondo l’International Labour Organization (ILO) delle Nazioni Unite, potrebbe essere la creazione di circa 18 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo entro il 2030.

Work-life balance: millennials e genz non hanno nessuna intenzione di immolarsi per il lavoro e lo hanno già dimostrato nei fatti. Dal suo punto di vista come si affronta la questione sul versante delle aziende?
Come anticipato in precedenza: valorizzando il benessere in azienda. Questo significa da un lato promuovere strumenti di flessibilità come lo smart working, ma anche avere dialoghi costruttivi fra manager e dipendenti affinché tutti abbiano chiaro il proprio percorso di crescita e l’importanza del proprio ruolo nel contesto in cui ci si trova. Sempre più importanti risultano inoltre le politiche a favore della genitorialità.

Avete avuto richieste dal settore retail? Per quali tipi di figura?
Si, il Retail è un settore estremamente vivo e dinamico. Riceviamo costantemente richieste da tutti i maggiori brand nazionali ed internazionali, sviluppando progetti continuativi e di picco stagionale. Le figure principalmente richieste sono: Sales Assistant, Supervisor, Regia, Visual ma anche profili manageriali come Store Manager, District Manager e Retail Manager. Il nostro focus non è solo la qualità dei profili ma anche, e soprattutto, la ricerca del profilo in linea con il contesto aziendale. Le risorse che andiamo ad individuare non possono essere sempre le stesse in termini di competenze (gestione dello store e della merce, ma anche rispetto di obiettivi e KPI) ed esperienza (da figure junior a figure più senior e specializzate nella vendita assistita e nella consulenza al cliente). Altre figure estremamente richieste sono tutte attinenti al mondo promotions, come beauty consultant (canale pharma e profumerie) e promoter in generale (canale Grande Distribuzione, dallo sport all’abbigliamento fino all’oggettistica).

Come si gestiscono i ruoli meno specialistici nel retail, così difficili da trovare? Esistono tecniche per coinvolgerli per generare engagement?
Grazie al nostro know how di settore, partiamo sempre da uno studio attento dell’esigenza del cliente per customizzare la soluzione migliore anche in termini di recruiting. Il mercato del candidato nel Retail è estremamente dinamico e pieno di opportunità. La chiave è raccontare alle risorse il contesto/progetto aziendale, per aumentare la retention. Inoltre, soprattutto con le risorse più junior, andiamo a sviluppare percorsi di formazione (perché la formazione è anche nel Retail) ed Academy in cui prepararli non solo al nuovo percorso ma per dare gli strumenti giusti anche in ottica di crescita professionale, che diventa un’esigenza sempre maggiore sia per candidati che per aziende.
Una formula magica di engagement non esiste, ma esiste l’ascolto delle esigenze e delle ambizioni personali, per creare il giusto match tra domanda ed offerta. Un’altra nostra forza è l’investimento sempre maggiore nelle assunzioni a tempo indeterminato (sia apprendistato che staff leasing) garantendo stabilità alle risorse e quindi continuità, e flessibilità ai clienti. Il messaggio che trasmettiamo alle risorse è che loro, in primis, sono un nostro grande tesoro che desideriamo coltivare con formazione continua/upskilling e nuovi stimoli ed opportunità.
Chiaramente il tema economico è sempre un driver importante, soprattutto nella dinamicità di questo settore, ma tenendo fede a quanto sopra e garantendo trasparenza, legalità ed equità possiamo aiutarli a trovare il giusto ambiente in cui poter trovare stabilità e/o prospettive di futuro solide.

Fonte: mark-up.it

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