L’Oréal, il ceo Hieronimus: «Tecnologia e sostenibilità così si accelera la crescita»

Nicolas Hieronimus mostra lo schermo del suo computer, dove appare una figura misteriosa, l’Unicornus Rex. Un misto tra il passato da custodire e il futuro da inventare. Un dinosauro, appunto. E il futuro, simboleggiato a Wall Street dall’Unicorno, da accompagnare con brevetti, innovazione, senza perdere le radici di un gruppo, L’Oréal, nato 115 anni fa. «È questa la principale sfida che abbiamo davanti. Un mix di storia, tradizione e agilità nel cambiamento, resilienza e innovazione». Ha percorso tutti i gradi della carriera nel leader della bellezza mondiale che in Italia è presente dal 1909, il primo investimento extra-Francia del gruppo, che oggi occupa nel mondo oltre 87 mila persone di 150 nazionalità.

La trasformazione comincia dalla necessità di combinare sempre di più profitti e sostenibilità?
«Per un gruppo come il nostro, primo nel mondo beauty, ormai sono due dimensioni inestricabili. Le performance economiche e quelle extra-finanziarie sono fortemente legate. E il ruolo delle aziende, insieme a quello dei governi sta cambiando. Mi lasci dire che per noi si tratta dei valori fondanti. Per questo abbiamo investito molto fin dal 2013, quando abbiamo lanciato il programma “Sharing Beauty with All”. Volevamo che il 100% dei nostri prodotti migliorasse il proprio impatto ambientale rispetto al 2005, siamo arrivati al 97% e abbiamo ridotto le emissioni di Co2 del 91%, aumentando le risorse umane del 39%. Certo, questi obiettivi devono andare di pari passo con il conto economico. E in questi anni siamo cresciuti molto».

Un modo per fare sentire gli azionisti più coinvolti nella trasformazione?
«Un modo per raggiungere entrambi gli obiettivi: sostenibilità economica e sostenibilità ambientale. Contiamo di raggiungere la piena neutralità carbonica entro il 2030, anzi vorremmo arrivare all’impatto positivo. Lo stabilimento di Settimo Torinese, con i suoi 14 mila pannelli fotovoltaici ha già raggiunto questi obiettivi nel 2015, primo in Europa. E dal 2018 è waterloop, cioè riutilizza completamente l’acqua di lavorazione, con un risparmio pari a 40.000 metricubi l’anno. Stiamo lavorando perché le nostre formule abbiano sempre di più ingredienti biodegradabili e per l’uso di plastica riciclata per il packaging. In alcuni casi siamo arrivati anche al 100%. Ma la vera svolta deve riguardare l’intero ecosistema, dai fornitori ai trasporti».

In questa trasformazione i leader hanno maggiori responsabilità?
«Abbiamo il compito di essere ancora più ambiziosi, coinvolgendo i nostri partner, i dipendenti, i fornitori, la logistica. Per questo nel 2020 abbiamo lanciato un secondo programma di sostenibilità che si chiama “L’Oréal For the Future”. Ora non ci si può più fermare a ridurre l’impatto, ma bisogna ragionare su come generare un contributo positivo. Sull’ambiente e sulle persone. Ci siamo impegnati perché i nostri fornitori strategici garantiscano un salario adeguato. Secondo uno standard internazionale che consenta condizioni dignitose, garantendo una vita sostenibile per i lavoratori e le loro famiglie. Abbiamo creato tre fondi e stanziato 150 milioni di euro. 100 dei quali vanno a favore di progetti per salvaguardare la biodiversità e ripristinare ecosistemi naturali danneggiati. 50 milioni vanno per sostenere progetti a favore di donne in difficoltà che ha già supportato 1,2 milioni di persone in molte parti del pianeta. La prima ONG al mondo che ha goduto di un contributo importante è l’italiana Pangea. La rete di assistenza, per un gruppo come il nostro deve essere il Dna. Attraverso il nostro Solidarity Sourcing Programme lavoriamo con le comunità locali per aprire contratti di fornitura con produttori legati a cause sociali. L’Italia è stato uno dei primi Paesi a svilupparlo, con l’associazione Quid, che realizza prodotti tessili dando lavoro a donne in situazione di grave disagio economico».

La parità di genere è un punto cruciale, anche per la crescita?
«Per il sesto anno consecutivo siamo top performer del Bloomberg Gender-Equality Index. Da noi, su 300 posizioni apicali il 53% è occupato da donne».

Scelte soltanto etiche?
«Non solo. Gli investitori sono molto più attenti di prima a questi valori. Il nostro Csr Officer fa parte del comitato esecutivo e se abbiamo ricevuto 1,3 milioni di candidature con una crescita del 7%, vuol dire che per attrarre competenze e talenti bisogna passare attraverso questa trasformazione e avere attenzione al Pianeta e alle persone».

Di recente avete acquisito Aesop negli Stati Uniti, continuerete nella campagna acquisti?
«Il nostro gruppo su 36 brand globali ha soltanto quattro marchi originari, come L’Oréal Paris e Kerastase. Gli altri 32 sono tutti frutto di acquisizioni. Individuiamo marchi che consideriamo unici, già affermati e complementari al nostro portafoglio, che hanno già successo e che noi contribuiamo a rendere globali. È accaduto con CeraVe che in cinque anni ha decuplicato il suo valore. Contiamo di farlo adesso anche con Aesop, portandolo dai quasi 500 milioni del fatturato attuale ad un miliardo. La domanda di benessere delle persone sta crescendo a ritmi molto elevati e sappiamo che il lusso è un settore destinato a livelli di crescita ancora maggiori»

Ingredienti, bellezza, lusso ma anche tecnologia?
«Bellezza è da sempre tecnologia. Pensi a Cleopatra, nell’antico Egitto: già per il suo mascara usava tecnologia, la chimica. Il nostro fondatore, Eugene Schueller, che nel 1907 ha inventato la prima colorazione capillare permanente, era un chimico. Oggi investiamo oltre un miliardo, il 3% del nostro fatturato, in ricerca e in hi tech, ad esempio negli sviluppi dell’intelligenza artificiale. Per creare un nuovo colore o un nuovo rossetto, l’Ai può rivelarsi un alleato molto efficace per accelerare le nostre formule, anche per tener conto delle regole che cambiano da Paese a Paese. Le do un dato: nel 2022 abbiamo registrato 561 brevetti, più di molte aziende hi tech europee o americane. Ma è necessario sempre di più combinare l’intelligenza dell’uomo e quella artificiale. Anche per realizzare strumenti inclusivi, come abbiamo fatto con HAPTA, una tecnologia che consente a persone diversamente abili di prendersi cura di sé. Ecco quello che intendiamo con la bellezza come motore del mondo e perché il nostro sense of purpose è “Creare la bellezza che muove il mondo”. Abbiamo 2mila persone impegnate nel solo settore del beauty tech, 800 data scientist. Quando parlavo dell’Unicornus Rex, intendevo questo: solida tradizione e impegno nel futuro più avanzato. La cultura di un’azienda si basa sull’agilità e sulla capacità di accogliere e anticipare il cambiamento».

Sembra di ascoltare un produttore di chip…
«Per essere leader sul mercato bisogna innovare continuamente, in ogni campo, non solo nei microprocessori. In un mondo che cambia così rapidamente se si riesce a combinare la grandezza e la potenza all’agilità e alla velocità allora si diventa invincibili» L’Italia? «Per noi è uno dei primi dieci mercati al mondo, abbiamo una quota del 16,6%. Per noi è un Paese di grande ispirazione. Qui il gruppo conta su 1.460 persone. Tra i nostri marchi globali quattro sono italiani, c’è Armani che vale circa 1,5 miliardi. Abbiamo la licenza Prada, Valentino e Diesel. Ci piace lavorare con i marchi italiani».

Come vanno i numeri?
«I ricavi mondiali crescono molto, del 18,5%, i dividendi sono a più 25% con una redditività pari a 30 punti base all’anno. È una performance molto regolare».

La sua strategia per il futuro di L’Oréal?
«Il mondo là fuori si sta trasformando così velocemente che dobbiamo fare due cose che sono una sorta di paradosso: trasformare un’azienda che ha successo da 115 anni per adattarla al nuovo mondo, costantemente. Devo abbracciare la grande rivoluzione dell’intelligenza artificiale ma allo stesso tempo proteggere la sua cultura e i suoi valori. Ha presente il film di Visconti?».

Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa?
«Si. Il protagonista dice che bisogna cambiare tutto perché nulla cambi. È una frase molto potente, dobbiamo trasformarci costantemente ma conservando la cultura, la passione, l’impegno, la bellezza e i valori di un gruppo, che grazie all’impegno di tutti i suoi dipendenti, in Borsa vale circa 230 miliardi».

Fonte: corriere.it

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