Quattro azioni imprescindibili per il retail nel dopo lockdown

Ineluttabile e scontato: dopo settimane confinati nelle quattro mura di casa gli Italiani hanno cominciato ad usare seriamente l’e-commerce e questo sarà un punto di non ritorno per tutti noi. Due osservazione chiave ci possono confermare questa direzione che osserveremo nei prossimi mesi. Prima del lockdown la penetrazione media dell’e-commerce sul totale commercio mondiale era del 12-13%, in Italia era l’8%, in Cina già al 30%. Da noi come nel resto del mondo non solo queste medie si sono necessariamente alzate durante il lockdown, ma sono destinate a rimanere ad un livello superiore al mondo pre-Covid.

Seconda osservazione: la prova risiede nel precedente cinese. Forse non tutti sanno che fu proprio il virus della Sars nel 2003 a costituire lo spunto per la nascita dei colossi cinesi dell’e-commerce. Nel 2003 Alibaba aveva solo quattro anni di vita ed era una piccola piattaforma esclusivamente B2B. Fu proprio durante la Sars che Jack Ma creò una task force segreta con l’obiettivo di lanciare entro sei mesi la piattaforma consumer Taobao che in soli due anni divenne il leader di mercato assoluto in Cina superando eBay. Il resto è storia, con Taobao che oggi ha 700 milioni di utenti registrati, e con Alibaba che poi lanciò Tmall ed il Singles Day che fattura 30 miliardi di dollari ogni 11 di Novembre! La storia si ripete con JD, una piccola catena di negozi di elettronica che ai tempi della SARS dovette chiudere tutti gli stores e cominciò a vendere sulle chat cinesi, intraprendendo nei mesi successivi la costruzione di quello che sarebbe divenuto il secondo pilastro dell’e-commerce cinese, JD.com.

Prima azione indispensabile. Scontatissimo, ma forse non per tutti: se il brand non ha e-commerce dovrà dotarsene al più presto, se lo ha, dovrà spingerlo e soprattutto investirci per evitare di essere nuovamente preso di sorpresa nei livelli di servizio come è successo durante il lockdown. Dall’adozione dell’e-commerce da parte degli italiani di questi mesi non si torna più indietro.

Il retail è morto, lunga vita al retail – dare un senso alla propria customer experience
Abbiamo ampiamente argomentato in precedenti articoli come nonostante l’e-commerce eroda una fetta importante dei fatturati del retail, in realtà anche nella avanzatissima Cina i negozi fisici rappresentino ancora il 70% del commercio, e anzi sia stato l’avvento dell’e-commerce a liberarli da questa sua gretta funzione logistica di punto di prelievo dei prodotti per potersi finalmente dare una nuova ragione d’essere: divenire il luogo dove il consumatore vive “LA” vera esperienza di marca. Questa è la futura ragione d’essere del Retail al giorno d’oggi, questo è l’unico motivo per il quale nel mondo post lockdown il consumatore ancora si prenderà il disturbo di fare un pellegrinaggio fino ad un negozio.

E adesso, con i clienti italiani che durante il lockdown hanno imparato ad acquistare online, diviene fondamentale per ogni retailer avviare una riflessione strategica sul ruolo dello store e sulla propria customer experience per assicurarsi la sopravvivenza della proprio retail.

Seconda azione indispensabile. Il consiglio per chi guida la aziende retail è di ridefinire in un gruppo di lavoro multifunzionale (marketing, operations, training) la Customer Experience specifica del Brand: quali sono esattamente i passi, il viaggio, la sequenza di esperienze che il consumatore deve aspettarsi quando entra nei nostri stores? Chiarire quale funzione aziendale è responsabile dell’esecuzione, creare i KPIs e monitorarne l’esecuzione, assicurandosi che la catena di reporting dello Store Operations sia valutata non solo sui risultati ma anche sull’esperienza in store. La posta in gioco: nientemeno che la sopravvivenza dell’azienda.

Il valore della “Omnicanalità”.
Tutti parlano di omnicanalità, tutti abbiamo visto svariate presentazioni sul tema. In teoria Omnichannel significa costruire un’esperienza di acquisto continua, unica e fluida per il consumatore, attraverso i canali online e offline. Ma alla fine credo che in passato dopo avere ricevuto una bella presentazione sul tema, a tutti è sempre rimasto il dubbio di che cosa significasse per il nostro brand ed il nostro retail. Forse il lockdown ha offerto a tutti gli operatori del retail l’occasione, anzi la necessità e l’imperativo di riflettere ed agire immediatamente. Vi faccio due esempi.

Sapete che da tempo Ikea offre il servizio di disegnare su misura con un esperto in negozio i mobili di casa. Durante il lockdown Ikea si è organizzata per fare un upskill dei propri dipendenti in modo che previo appuntamento è possibile continuate ad avere il servizio di personalizzazione parlando via video con un addetto collegato remotamente. Analizziamo il processo da un punto di vista omnichannel. Si parte con la prenotazione che è online, ma poi l’esperienza è sicuramente personale, Ikea non ha rinunciato alla customer experience, si è semplicemente organizzata per offrirla in via remota. Poi l’ordine viene caricato sul sito ma viene spedito dal negozio. Siamo di fronte ad una customer experience online o offline? La verità è che non si riesce a distinguerlo ed è qui che risiede la bellezza dell’omnicanalità.

Il contro-esempio è rappresentato da un altro retailer del fai da te che offre infinite varianti dei propri prodotti, ma di fronte alla necessità di avere un chiarimento su un dettaglio tecnico per potere effettuare l’ordine online non è possibile in questi giorni raggiungere il loro call center, né raggiungere telefonicamente gli addetti nei negozi che sono aperti. Ikea ha viaggiato nel tempo ed offre già la customer experience del 2030, l’altro retailer è rimasto al 2019.

Terza azione indispensabile. Se il lockdown ci ha offerto lo stimolo per riflettere ed implementare velocemente ed in modo concreto i primi passi nella omnicanalità a noi adesso due compiti: il primo è di non smantellare queste practices con la riapertura del 18 Maggio, mantenerle ed espanderle pensando che il consumatore non tornerà indietro, ed integrando in logica omnichannel il team dell’e-commerce nel gruppo di lavoro che ridefinisce il ruolo degli stores e della customer experience.
Il secondo compito è di guardare oltre l’orizzonte ed identificare le opportunità.

E se per caso?
E se per caso la drammatica situazione nella quale il Covid ha gettato il retail ci spronasse finalmente a sacrificare le mucche sacre aziendali e a pensare alle opportunità che si stanno schiudendo di fronte a noi nel mondo post lockdown?

Quarta azione indispensabile. Cominciare una seconda riflessione su cosa significa la fase due anche della omnicanalità adesso che i negozi saranno aperti. Ripensare i negozi in uno scenario post-lockdown e quali vere opportunità si aprano per:

1) Gestire in modo più efficiente il contatto con i clienti. Efficiente per noi ed efficiente per i loro: perché mai tornare in negozio per progettare i mobili quando lo si può fare comodamente da casa su appuntamento?

2) Investire immediatamente nell’upskill del proprio personale in logica omnichannel. Sfortunatamente è probabile che in futuro ci saranno meno dipendenti in store, ma dovranno essere necessariamente più formati.

3) Fare leva sullo smart working parziale per fidelizzare e trattenere i dipendenti chiave consentendo loro una migliore gestione della loro vita e famiglia.

4) Pensare all’omnichannel come opportunità di riduzione di rischio ed obsolescenza di stock in store. Il marchio di abbigliamento Grana di Hong Kong permette di provare ed acquistare i capi senza però poterli prelevare in negozio dopo l’acquisto, ma con consegna in 24 ore. In un solo colpo Grana ha azzerato la moltiplicazione e ridondanza di stock in tutti i suoi negozi, il rischio di obsolescenza, il ricorso ai saldi.

5) Sviluppare l’omnichannel come opportunità di acquisto e poi di ritorno in store: le mie colleghe coreane acquistano i capi di abbigliamento in multipli di 6: 2 taglie x 3 colori, consegna a casa in 24 ore e reso in store = acquisto garantito di almeno 1 pezzo + una iniziativa di generazione di traffico in negozio a costo zero.

Forse davvero stiamo assistendo an un “WEI JI” moment per il Retail Italiano, l’ideogramma cinese della parola crisi che è composto a sua volta da due ideogrammi: Pericolo + Opportunità. Rimbocchiamoci le maniche, le opportunità sono dietro l’angolo.

Fonte: ilsole24ore.com

Leave A Reply

Vuoi diventare socio

di Retail Institute Italy?