Bernardi (Bsh): Italia-Germania, l’industria deve lavorare insieme

Sono giorni nei quali torna la spinta verso l’economia di bandiera. Eppure la connessione stretta tra fabbriche e industrie in Europa è più stretta di quanto pensiamo. Uno dei temi è il confronto-scontro Italia-Germania. A Milano la Camera di commercio italo-germanica, che riunisce le principali aziende tedesche operanti in Italia come Bosch, Siemens, Henkel, Bayer, Volkswagen, e altre, ha appena promosso un confronto su questi temi e sul fatto che i due Paesi sono forse i più interconnessi nella Ue. Maurizio Bernardi, amministratore delegato e cfo di BSH Elettrodomestici S.p.A. (Gruppo Bosch) in Italia spiega: «La coesione tra i Paesi membri è necessaria, la discussione andrebbe diretta al cuore del “perché” l’Unione Europea esiste e quale ruolo vuole assumere nel panorama mondiale del post-crisi. Se, come auspico, la Ue intende avere un ruolo da protagonista, allora ci si deve muovere con un piano unitario che permetta di procedere in modo armonico verso l’obiettivo comune dello sviluppo sostenibile».

Ma in questa fase ognuno vuole andare per conto suo?

«Se questa unione di intenti non si dovesse realizzare, la mia opinione è che non solo la ripartenza di tutta la Ue ne verrebbe frenata ma si andrebbero ad alimentare frizioni tra i Paesi che potrebbero mettere in crisi la stabilità della Ue. Sarà più importante definire le aree strategiche di investimento, dando priorità a tutte quelle infrastrutture che possono supportare lo sviluppo tecnologico in ottica di miglioramento della qualità della vita»

Se si guarda all’industria, il made in Italy è un pezzo rilevante della manifattura tedesca ed europea?

«La catena dei fornitori è molto difficile da sostituire, lo stiamo vedendo in questi giorni. I nostri impianti in Europa si fermano se non arrivano i pezzi dalle fabbriche italiane. Un’economia troppo integrata per pensare di andare ciascuno per conto proprio»

Il ritorno alla normalità?

«Come Italia siamo entrati prima degli altri in questa crisi ma gli altri paesi stanno più o meno compiendo lo stesso percorso. Possiamo immaginare che la crisi possa avere una curva ad “U”con possibile ripresa a giugno per l’allentamento delle misure di contenimento del contagio. Ma è difficile fare previsioni»

Ma i consumatori cosa ricominceranno a comprare?

«Noi immaginiamo che questa nuova vita domestica possa rendere gli elettrodomestici ancora più essenziali, penso a frigoriferi e lavatrici. Il cambiamento della vita quotidiana, a cominciare dallo smart working, darà una spinta molto forte alla digitalizzazione e all’ IoT, internet delle cose cioè gli “oggetti intelligenti” capaci di comunicare dati con altri oggetti collegati alla rete. Stiamo assistendo alla rapida diffusione degli acquisti online, dei pagamenti elettronici e delle consegne a domicilio. Noi abbiamo potenziato i servizi di live chat per essere più vicini ai clienti. Molto dipenderà dalle aspettative e dalla credibilità delle misure del governo e della Ue. Se non saranno ritenute sufficienti i consumatori tenderanno a rinviare i loro acquisti e le aziende rinvieranno i loro investimenti. Anche nel settore pubblico si dovranno sviluppare iniziative digitali. Basta pensare al ruolo delle tecnologie nel contrasto del Covid-19».

Per le imprese la vera emergenza è la liquidità?

«La priorità, dopo quella della tutela della salute delle nostre persone, è stata quella di proteggere la liquidità aziendale. E’ cruciale consolidare le partnership con i fornitori e con i clienti. Abbiamo cercato di trovare soluzioni considerando le esigenze tutti, perché il muro contro muro farebbe perdere tutti. Per usare una metafora, mantenere i motori al minimo, ma senza che nessuno sia costretto a spegnerli. Occorre trovare le risposte più adatte che possano conciliare le esigenze contingenti con la ripresa. Questo momento di sospensione è importante per il management nello sviluppare progetti innovativi da testare ed in seguito implementare alla ripartenza»

La ripartenza come dovrà avvenire?

«Si discute molto sul “quando”, meno del “come”. Sappiamo che non torneremo alle modalità di lavoro precedenti, ma nessuno sa come il virus si comporterà fra qualche mese. Bisognerà stabilire le modalità del contact tracing, dei test sull’infezione e sull’immunità, del social distancing sul lavoro, etc. L’urgenza di tornare alla normalità non deve far sottovalutare il rischio di una seconda ondata che renderebbe vulnerabile la ripresa»

Quanto possono resistere le imprese?

«Se il blocco della maggior parte delle attività produttive ed economiche dovesse durare più di tre mesi si andrebbe incontro con buona probabilità al rischio di perdita di una parte significativa del nostro tessuto economico»

Quanto è complicato in questi giorni essere un manager italiano di una multinazionale tedesca?

«E’ sfidante essere un manager in qualunque azienda in questa situazione di emergenza. Nessuno è preparato a gestire una pandemia e i suoi effetti. E’ fondamentale essere vicino ai propri collaboratori, ai propri clienti. Mantenere alta la motivazione e stimolare soluzioni per ripartire è la missione quotidiana di noi manager».

Fonte: corriere.it

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