Luxury Retail, restyling in Cina

La scorsa settimana, il presidente di Prada Carlo Mazzi, ha dichiarato a Reuters che il gruppo continuerà a puntare sulla Cina, dove non teme inversioni di tendenza nel medio-lungo termine. Tuttavia, le conseguenze degli ultimi mesi di bufera cinese (stretta normativa sulla corruzione con regali lusso; tagli ai dazi doganali; svalutazione dello yuan) sembrano essere consistenti su Hong Kong e Macao, fino a oggi importanti terminali per lo shopping del Drago. Ebbene, nelle due ex colonie, “noi – ha spiegato Mazzi – come i nostri concorrenti, abbiamo cominciato a rinegoziare gli affitti dei negozi nei punti di maggiore debolezza”. I locatori non sono molto ricettivi sul tema, ha ammesso il manager, convinti che la situazione tornerà quella precedente. Ma è significativo che una griffe come Prada ammetta questo genere di trattative finalizzate a ridimensionare i costi della distribuzione al retail.

Qualche giorno prima era stato Ferragamo a chiarire la propria posizione. Il gruppo spingerà ancora sulla Cina, ha dichiarato l’amministratore delegato Michele Norsa, in conference call con gli analisti finanziari il 27 agosto, dopo la semestrale. “Apriremo nuovi negozi – ha precisato – ma continueremo a essere selettivi e, se sarà il caso, considereremo anche punti vendita più piccoli”. E non solo a causa della crisi, ha riportato sempre Reuters, ma anche perché i cinesi usano sempre più il canale online e fanno shopping all’estero. Insomma, anche in questo caso si studia un format che consenta di ridurre il costo a metro quadro, pur mantenendo la presenza.

tratto da pambianconews.com

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