Quando il Retail sposa la sostenibilità

Food, fashion, beauty, sono solo alcuni dei settori che stanno sposando la causa green.

L’attenzione dei consumatori per la tutela dell’ambiente è in continua crescita. Le aziende ne hanno preso atto, mostrando sempre più un impegno concreto.

Per mantenere alto il livello di competitività su questo fronte, le organizzazioni devono dimostrare una capacità adattativa a quest’esigenza etica, ripensando ai propri sistemi e modelli di business e ponendo la sostenibilità al centro dei loro prodotti e servizi.
Questa è la base di un rapporto fiduciario tra cittadino-consumatore e impresa, soprattutto per quanto riguarda il retail che rappresenta l’ultimo anello e il primo contatto con il cliente nella filiera produttiva.

Tra le ultime notizie in ordine cronologico troviamo Sephora che ha lanciato una private label di trattamenti green “Good for skin.you.all” composta da prodotti formulati con il maggior numero possibile di ingredienti di origine naturale (minimo il 90% per ognuno) e con un packaging eco-responsabile.

Nel campo della GDO, Carrefour ha introdotto in Spagna reti di cotone per l’acquisto di frutta e verdura al posto dei sacchetti di plastica. Questo per riuscire a eliminare completamente i contenitori e gli imballaggi che possono inquinare almeno nel reparto orto-frutta. In questa direzione andava anche la tanto discussa Legge entrata in vigore nel 2018 nel nostro Paese riguardo l’utilizzo delle buste bio a pagamento nel medesimo reparto.

Mentre, per il settore fashion, Prada ha lanciato il progetto “Re-Nylon”, ossia la realizzazione delle costosissime borse grazie a reti da pesca usate, rifiuti di plastica recuperati dagli oceani, scarti di fibre tessili e vecchi tappeti rigenerati. Il colosso francese Kiabi ha da poco annunciato di voler moltiplicare per otto il volume dei prodotti eco-progettati nel 2019 rispetto all’anno precedente, arrivando – entro cinque anni – ad avere un’offerta eco-friendly che rappresenterà il 70% delle collezioni. L’obiettivo generale, però, è quello di essere sostenibile al 100% entro il 2030.

El Corte Inglés recentemente ha fatto sapere di aver implementato il “Movimento per la sostenibilità” per tutte le sue aree di business, focalizzandosi non solo sul prodotto, ma anche sull’utilizzo di tecniche di produzione meno inquinanti così come l’impiego di energia rinnovabile all’interno dei propri edifici. Anche Uniqlo, che ha da poco aperto il suo primo flagship store a Milano, ha sposato la causa green riducendo fino al 99% il consumo di acqua per il processo di produzione dei jeans e dichiarando di voler produrre capi da bottiglie di plastica riciclata.

Sempre in quest’ottica va la più grande alleanza mai realizzata finora nel mondo della moda e del lusso. 32 aziende globali del settore hanno sottoscritto il “Fashion Pact”, con lo scopo di definire obiettivi concreti per ridurre l’impatto ecologico causato dalle proprie attività. Giusto per citarne alcune: Burberry, Chanel, Zegna, Kering, Giorgio Armani, Hermès, Prada e Ralph Lauren*.

Gucci, parte del suddetto gruppo Kering – tra i firmatari del patto sopra citato – ha da poco annunciato il suo impegno nella riduzione di emissioni di Co2 e di voler compensare quelle “inevitabili” attraverso quattro progetti di riforestazione, volendo dare il proprio contributo nel contrastare gli effetti del cambiamento climatico.

Tra le tendenze legate alla sostenibilità, l’importante crescita della second hand fashion: i vestiti di seconda mano sono sempre più ricercati non solo da chi ha esigenze di risparmio, ma anche da una fascia di consumatori in forte aumento, che sceglie di vestirsi con capi usati per coerenza con un orientamento a favore dei consumi sostenibili. Parliamo di un volume di mercato che nel 2018, secondo quanto riporta CNBC, negli Usa è stato pari a 24 miliardi di dollari e che pone la second hand fashion come uno dei principali concorrenti per la fast fashion che, nel 2018, ha generato un mercato da 35 miliardi di dollari.

A tal proposito, la catena di supermercati inglese Asda ha introdotto nella sua linea di abbigliamento “George” la collezione “Re-Loved”, composta appunto da capi second hand.

Ma esistono anche progetti che vanno al di là del prodotto offerto, come la campagna lanciata da Timberland “Nature Needs Heroes”. 12 eco-eroi internazionali che si sono distinti per la capacità di apportare cambiamenti duraturi e positivi per l’ambiente e la comunità, immortalati mentre indossano i must have della collezione fall/winter 2019. Non solo, l’azienda ha dichiarato di volersi impegnare piantando 50 milioni di alberi in tutto il mondo entro il 2025 .

Un dato rilevante giunge dallo studio “Sustainability matters, but does it sells?” realizzato da McKinsey&Company in collaborazione con Camera nazionale della moda italiana, in cui si dice che il 70% dei consumatori è disposto a scegliere un prodotto eco sostenibile al posto di uno a maggiore impatto ambientale, spendendo il 5% o il 10% in più. E in virtù di questo potenziale di vendita i negozi multimarca investono e investiranno sempre di più nei prodotti green.

 

*Queste le aziende che hanno aderito al “Fashion Pact”: Adidass, Bestseller, Burberry, Capri Holding (tra i marchi Michael Kors e Versace), Carrefour, Chanel, Zegna, Everybody&Everyone, Fashino3, Fund Group, Galeries Lafayette, Gap, Giorgio Armani, H&M, Hermès, Intidex, Karl Lagerfeld, Kering, La Redoute, Matchesfashion.come, Moncler, Nike, Nordstrom, Prada, Puma, Pvh Corp, Ralph Lauren, Ruyi, Salvatore Ferragamo, Selfridges, Stella McCartney, Tapestry.

 

Fonte: Retail Institute Italy

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