5 Domande 5 Risposte – La cultura aziendale nell’epoca digitale

Il parere di Angelo Di Gregorio, direttore del Dipartimento di Scienze Economico Aziendali dell’Università di Milano – Bicocca e componente del Comitato Scientifico di Retail Institute Italy.

1 – Come sta cambiando il modello di business con la digitalizzazione?

Sta cambiando lentamente. La nuova rivoluzione industriale in atto è data dalla società e non più dalle imprese. Al contrario di altre rivoluzioni industriali dove prima era cambiata la fabbrica e poi la società, adesso è la domanda a condizionare l’offerta.

Le persone si sono abituate ad agire rapidamente, con una comunicazione bidirezionale. Si sono abituate a far sentire la propria voce. Le opinioni guidano ed influenzano tutto oramai, dai movimenti politici alle decisioni di acquisto.

Il cambiamento è più lento per il mondo del business perché le imprese hanno stabilizzatori strutturali all’interno che rallentano i processi di cambiamento.

I touch point sono sempre più numerosi, e così vanno cambiati i processi, i budget a disposizione e le modalità di misurazioni dei risultati. Questi sono tutti cambiamenti complessi: richiedono un profondo ripensamento culturale del modo di lavorare.

2 – Che cosa è la Cultura d’Impresa nel mondo di oggi?

Nella mia esperienza oggi vedo un’eccessiva fede nella tecnologia e spesso una scarsa attenzione allo sviluppo delle risorse umane, che sono a mio parere alla base del concetto di Cultura d’Impresa: servono competenze per gestire competenze.

Le imprese eccellenti che sono riuscite a non farsi dominare dal cambiamento e l’hanno invece guidato, sono proprio quelle che hanno saputo innovare e cambiare, anche e soprattutto attraverso l’investimento nelle persone, il tutto guardando al processo di internazionalizzazione del proprio business.

3 – Che cosa blocca oggi il processo di crescita culturale all’interno delle aziende?

Ad ostacolare il processo di crescita culturale all’interno dell’azienda sono in primis i fornitori. La rivoluzione tecnologica non è riferita solo ad un segmento o ad una parte del complesso processo che lega comunicazione esterna ed interna all’azienda, ma è riferita bensì a tutto il processo produttivo che parte dall’industria 4.0 e dalla gestione real time dei processi produttivi e arriva fino alla comunicazione digital e al servizio al consumatore finale. Per tutti questi distinti processi esistono fornitori diversi che devono essere in grado di de-specializzarsi e lavorare in sincrono per il raggiungimento di obiettivi comuni.

Il modello vincente è quello che integra il database dei clienti con quello dei prodotti a favore di una fusione completa tra i processi di mercato e i processi di produzione.

La scelta del fornitore diventa così fondamentale nella fluidità dei processi produttivi, proprio perché questi sono sempre di più interconnessi con il consumatore finale. Si andrà nel prossimo futuro verso fornitori “cluster” che inglobano sempre più le tecnologie ed il know-how delle aziende più piccole.

4 – Questo vuol dire che i piccoli fornitori sono destinati a scomparire?

No. L’industria non si potrà appiattire su pochi big players.

Siamo attualmente in una fase di transizione. La società é cambiata, e con essa sono cambiate le imprese. Sono in atto tanti tentativi: il solo digital, il solo physical, i produttori aggregati… siamo ancora decisamente lontani dalla stabilizzazione dei molti fattori in gioco.

5 – Dopo internet, quale sarà la prossima grande innovazione per il mondo business? Cosa cambierà davvero le regole del gioco?

Le regole stesse! Saranno le regole a fare la differenza.

Tenendo conto che praticamente tutte le nazioni del mondo hanno problemi di bilancio, un surplus troppo forte, o un deficit troppo ampio, sarà necessario per i Paesi adottare regole ben precise e delineate che regolino il rapporto con le corporazioni, grandi e piccole.  Nel cambiamento in atto tra i modelli di business ed i rapporti tra le regioni – le macro aree del mondo – si vedono già delle avvisaglie a riguardo.

Angelo Di Gregorio, nato ad Avellino nel 1959, è professore ordinario di marketing management all’Università di Milano – Bicocca  e Direttore del CRIET –  Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio.

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